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lunedì 11 agosto 2014

In viaggio con SANTOKA




La circolarità di un cammino che non ha meta se non il cammino stesso, il vento sempre uguale nei secoli, il rimprovero per il peso di un senso di colpa che diventa universale. 
Oggi per il post dedicato al mio amato Santoka, colui che le regole, non solo poetiche, di certo non le osservava, propongo una pagina dal suo diario:

28 febbraio 1932 
Tutti i giorni brutto tempo; oggi di nuovo a chiedere l'elemosina nella neve.
Forse è troppo dire che qui le strade sono le peggiori di tutto il Giappone, ma sono di sicuro straordinariamente fangose.
Le porte dei negozi infangate, i passanti infangati.
Le suole di gomma dei miei tabi da lavoro affondano e procedere è veramente molto dura.
Però la zona è piena di rivendite di sakè e quindi il suo prezzo è molto basso.
Esattamente il posto per uno come me!
(da "For all my walking"  ed.Columbia University Press. Traduzione dal giapponese di Watson Burton  e mia dall'inglese)

Santoka è il più diseredato dei poeti zen che frequento in questo blog, il più solo e povero, colui che aveva sbagliato tante volte e che ha perso molti treni in vita sua. E colui a cui penso quando vedo un uomo disperato, senza lavoro o un senzacasa. Quando scorgo qualcuno biascicare qualcosa che nessuno capisce e poi si butta in un angolo.
Santoka ci ricorda che la pratica ascetica e, infine, anche la letteratura non sono patinati. Che il buddismo non si pratica dalle 16 alle 21 in una palestra pariolina,  non veste alla moda. È per pochi, spesso mette a disagio e puzza di umanità.
Senza quiete, camminava per chilometri e chilometri su e giù per il Giappone consumando i suoi tabi , i leggeri sandali in paglia dei monaci. Viveva di elemosine e dormiva dove capitava. San-to-ka che significa "alta cima fiammeggiante", a dispetto dl suo nome altisonante dormiva spesso per terra, sotto le stelle e con i grilli. Si ubriacava di sakè per riprendersi dalla fatica esistenziale, dai fallimenti professionali, dalla stanchezza fisica, dalla solitudine. Osservatore delle piccole cose quotidiane come foglie, lucciole, un pugno di riso, una mosca, una pozzanghera, le annotava in forma di haiku sul suo diario.
Nel suo cammino Santoka ci ha lasciato versi toccanti, trasparenti e universali.
Personalità caratterizzata da una tensione psicologica strettamente novecentesca, di colpevolizzazione e fallimento, Santoka scrive nel suo diario che "la fede è l'origine, lo haiku la sua espressione. Per questo devo camminare, camminare, camminare fino a che non arrivo".
E solo leggendo i suoi versi possiamo accompagnarlo.
Ma il viaggio insieme al monaco zen più anarchico e solitario è lungo e, a volte, capita di venire trafitti a tradimento da una voce, da una canzone, da un odore. 

Lucciole ovunque
rieccomi
nel mio villaggio natale.
(Santoka 1882-1940)

Stanchezza, attesa, silenzio, sorpresa, spaesamento, eccitazione.
Vi va di rileggere l'haiku di Santoka, alla luce...delle lucciole?
Stanco dopo tanto camminare, l'inquieto monaco vede il suo villaggio natale, luogo caro ma ostile, che ha lasciato per i suoi pellegrinaggi esistenziali durati più di dieci anni. Conoscendo la complicata biografia di Santoka non è un caso, per me, che l'immagine "villaggio natale", collocata nel terzo ku, sia il kireji (vedi tra etichette a destra) ovvero il luogo poetico di ribaltamento e sorpresa.
È una serata tiepida, estiva, un po' come sarà per noi quella di oggi, San Lorenzo. Tutto intorno i puntini luminosi e intermittenti delle lucciole. 
Lo immagino un po' brillo appoggiato al bastone, con i tabi infangati, il cappello di bambù (kasa) dietro la schiena, la sacca delle elemosine ai piedi, la fiaschetta del saké vuota.

Lo haiku tende sempre la stessa trappola: che ci vuole a comporlo?
A parte tutte le regole rigorosissime che ho cercato di sintetizzare QUI e  il suo "effetto", ovvero quella tensione verso l'infinito, è impossibile spiegarlo.

Appuntamento a venerdì!

martedì 25 marzo 2014

Perdere il treno

Sfolgorante cielo sopra di me
camminando
mendicando
(Santoka 1882-1940)



La notizia, l'avrete già letta in giro, è che l'amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, si è detto pronto a lasciare il vertice delle FS se il governo Renzi taglierà il suo stipendio (850mila euro l'anno contro i 239.181 euro, al lordo delle tasse, che percepisce il Presidente della Repubblica. L'indennità è fissata da una legge che prevede ogni anno l'adeguamento automatico all'inflazione, ma dal 2010 Napolitano ha rinunciato a quest'aumento.Leggi QUI).

Lesta e dispettosa, affido il commento al più diseredato dei poeti zen che frequento in questo blog, il più solo e povero, colui che aveva sbagliato tante volte e che ha perso molti treni in vita sua: il mio amatissimo Taneda Santoka.
Senza quiete, camminava per chilometri e chilometri su e giù per il Giappone consumando i suoi tabi , i leggeri sandali in paglia dei monaci. Santoka viveva di elemosine e dormiva dove capitava. Al massimo si faceva un cicchetto di sakè per riprendersi dalla fatica. Osservatore delle piccole cose quotidiane come foglie, grilli, un pugno di riso, una mosca, una pozzanghera, le annotava in forma di haiku sul suo diario. 
Nel suo cammino esistenziale Santoka ci ha lasciato versi toccanti, trasparenti e universali.

Cosa lascerà Moretti alle Ferrovie dello Stato? Per saperlo basta prendere un treno. 


(Foto di Santoka. Non di Moretti)


Qualche notizia in più sulla vita di Santoka -vale la pena!- QUI e ANCHE QUI. Nel blog, i suoi haiku e altro su di lui basta cercarli con la tag "Santoka". 

Scoprirete un mondo, vi avviso...

venerdì 3 gennaio 2014

Dopo 13 anni i superpoliziotti Diaz ai domiciliari:


Da oggi
niente piu' orologio.
Pioggia serale.
(Taneda Santoka 1882-1940)



Leggere la contemporaneità con gli haiku è l'idea di questo blog ma ho bisogno di disintossicarmi dalla miseria e dalla violenza degli episodi cruenti di quel G8: vi propongo la storia dell'autore dello haiku di oggi.
Di Taneda Santoka, il più malinconico e anarchico poeta di haiku moderni, esiste una fotografia che Google-Immagini, quando vogliamo, restituisceE’ l’immagine di una sosta, una delle tante, nella ripetizione ciclica e vitale dell’esistenza zen. Osserviamola. Qui Santoka posa compreso, vista l'occasione importante, per quegli anni, di una foto. L'ho scelta perchè c'è tutto il suo mondo: l'orizzonte da guardare e la terra su cui camminare, il cappello e i sandali di paglia, al cui uso cui ha dedicato alcuni componimenti, il suo bagaglio. 
La sua ferma compostezza che qui sembra docilmente e modestamente "rappresentata" per chi la guarderà..
 
(Foto di Santoka dalla rete. Siamo intorno al 1925) 

Alcolizzato, sfortunato e solo, Santoka viveva di elemosine tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Si separò dalla moglie e dai figli, tentò di fare il libraio, cercò ancora un posto nella società ma non ci riuscì. Proprio lui, San To Ka, nome che letteralmente significa Alta Cima Fiammeggiante. Tentò il suicidio ma il treno frenò. Si fece monaco zen ma non riusciva a stare chiuso in convento. Diceva di essere nato per camminare, meglio il mondo.
Le soste per riposare gli consentivano di fare amicizia e soprattutto di  annotare gli haiku rimuginati in viaggio. Allievo di “secondo grado” di Masaoka Shiki, uno dei padri degli haiku moderni e teorico del rigore e della metrica,  attraverso l’esempio di Kawahigashi Hekigoto (1873-1937), da quest’ultimo apprese il gusto per un verso libero e privo del canonico schema sillabico 5-7-5. 

Fermandosi  nelle bettole sulla strada, approfittando quando possibile dell’onsen del villaggio, nelle cui acque calde si intratteneva volentieri,  Santoka  scriverà i suoi haiku più alti e fiammeggianti, che hanno dato corpo a un diario minimo e cosmico, commovente, dove trovano posto il saké (e i suoi effetti!) insieme ai germogli delle piante, le acque termali, un poco di riso dentro una ciotola, il crepuscolo e il vento.Come compagno il taccuino per gli haiku e ogni tanto la sorpresa di un pugno di riso come elemosina che lo sfamasse. Tutto qui. Morì in  solitudine nel 1940, nella sua capanna, mentre alcuni discepoli tentavano di raggiungerlo per dirgli che la sua raccolta sarebbe stata finalmente pubblicata.

mercoledì 14 maggio 2014

Continuo a tossire

Continuo a tossire
non c'è nessuno
che mi batta la schiena
(Santoka 1882-1940)

Sto messa così, meno sola e disperata di Santoka, ma con febbre e tosse.
Sul mitico Santoka come pescate nel blog pescate bene.
Iniziate da QUI, la radio mi è cara, ma leggete anche QUESTO post. Altri haiku di Taneda Santoka, il mio personale talismano di sopravvivenza, li trovate in giro cercando 'Santoka' nelle etichette a destra. E mi darete ragione.
A lunedì!


(Mi scoppia la testa. Abbassi la luce?)







martedì 9 giugno 2015

Bagagli

Non posso abbandonare 
il mio bagaglio pesante
davanti e dietro.
(Santoka 1882-1940)



Vi avevo promesso una pagina dalla recente trasferta forlivese di Radio3 con un bell'haiku che la "sintetizzi"? Eccola! 
Partiamo da Santoka che oggi osserva il suo bagaglio, avete presente quelle sacche di tessuto tipiche dei monaci zen poggiate a cavallo sulla spalla e che cadono una davanti e una dietro la schiena? Santoka le usava per i suoi "cammini" e via via le andava riempiendo e svuotando. Poche cose essenziali (c'è in Giappone un piccolo museo che conserva i suoi "averi" in una teca), cibo, taccuino e inchiostro, e l'amata bottiglietta di saké.
Santoka dice qui che ogni occasione può essere motivo per riempire le sacche.
Ecco l'elenco delle cose che ho ficcato dentro il mio bagaglio pesante e che mi sono portata a casa da Forlì.

- La consapevolezza che possa ancora esistere, e resistere, nonostante le notizie di "mafia capitale", una rete di cooperative sane, come quella che ci ha accolto. Gruppi di persone e di lavoratori con un'idea comune, un'organizzazione democratica, impegnati nel piccolo come nel sociale. Che credono negli ideali di cooperazione. Che curano il territorio, l'integrazione e il tempo libero con la medesima attenzione ai diritti e alla condivisione. 

- La possibilità di vivere serenamente, vedi punto uno, anche la vecchiaia. In un posto così la rete di solidarietà è talmente capillare ed è tutto cosi semplificato e a portata di mano, che essere un pensionato, magari anche vedovo, solo, o un disabile, è molto più facile lì che altrove.

- La "riscrittura". Durante il concerto di Radio3, quello di mezzogiorno, dove il pianista Roberto Cominati si è meravigliosamente speso per gli ascoltatori, il conduttore Marco Mauceri si è soffermato sull'importanza delle "riscritture musicali". Diceva che per Ferruccio Busoni, autore di una riscrittura di Bach che avrebbe interpretato il pianista di lì a poco, la "riscrittura" accadeva ogni volta che ci si metteva in ascolto. Per il grande musicista e teorico Busoni, - ognuno attraverso i propri strumenti culturali e la propria sensibilità - tutti riscrivono quello che "sentono". Ho pensato alla letteratura, anche agli haiku, e alla grande possibilità di "riscrivere" quello che sentiamo. 
Riscrittura come una traduzione speciale, intima e precisissima.

- L'utilità. Per chi ci ascolta non siamo solo importanti nella giornata ma qualcosa di meglio: siamo utili. Utili a passare il pomeriggio, utili ad accendere sinapsi. Insomma, utili.

- Il calore. Forse doveva essere al primo posto. Non solo il caldo boia che un paio di volte mi ha fatto sbarellare dietro le quinte (gira una mia foto rarissima da seduta!), ma la temperatura umana tra le persone.
Ascoltatori e noi di Radio3 ugualmente calorosi l'uno con l'altro. E non è niente male.

Questo è quello che ho portato a casa dentro la mia sacca. Piadina e mortadella le ho finite lungo la strada.


(Romagna mia, Romagna in fior)




venerdì 21 novembre 2014

Ho dei libri!

Ho del riso
dei libri 
e persino del tabacco.
(Santoka 1882-1940)





Da oggi in poi, quando vorrò parlarvi di qualche libro che mi passa tra le mani e che mi colpisce, userò questo haiku come come sigla del post. Del resto, sono o no una... radiofonica?

Ho scoperto il "mistico drop-out" Taneda Santoka traducendolo, haiku dopo haiku, dall'inglese, perdendo ovviamente le assonanze e il ritmo giapponese dei tre ku, ma cercando di recuperare almeno lo "spirito" di questo maestro zen.
Sono risalita al suo diario, edito da una piccola casa editrice americana, e ho ricostruito, per chi mi segue, l'esistenza del monaco "in cammino" dagli occhiali tondi. Grande esperto di fallimenti umani (riuscì a far implodere in un colpo gli affari della piccola distilleria ereditata dal padre e il matrimonio) e della fatica della solitudine, l'alcolista pieno di rimorsi e il grande amante degli onsen e dei grilli (digita Santoka nell'archivio). 
E così, ho imparato a riconoscere e ad ammirare la sua fermezza - tratto insospettabile vista la sua storia - e la sua finezza letteraria, pur mediata dalla traduzione inglese. 
I piccoli mondi descritti in modo cristallino e il sentirsi così poco zen, così inadeguato...

Insomma, questa novità dello "haiku-sigla" per dirvi che oggi vi parlerò di un romanzo appena uscito. Anzi, NON vi parlerò di un romanzo appena uscito perchè non l'ho ancora letto. Ma a certi autori va la fiducia a priori. 
Vi saluto, passerò il mio weekend in ottima compagnia! Ho del riso, dei libri e persino del tabacco!


(Philip Roth, Santoka e... la radio, cliccando QUI!)














lunedì 13 aprile 2015

Voci

Qualcuno parla
ha la voce d mio padre
il viaggio si fa triste
(Santoka 1882-1940)




La sensazione di Santoka non è anche la nostra? Non l'abbiamo pensato tutti, nei momenti di dolore, “quanto mi manca, non sentirò più la sua voce"?
Oggi parto da Santoka per riflettere sulla causa - o su una delle possibili - di questo improvviso struggimento.

Tempo fa, mentre ero all’ascolto di una delle trasmissioni più dissacranti e allegre di tutta Radio3, “La Barcaccia”, mi è apparsa, nella sua sconcertante evidenza, la fisicità di questa mancanza.
I conduttori  dedicavano una puntata a un’artista scomparsa, il mezzo soprano Elena Obraztsova, proponendo una serie di ascolti di sua interpretazione. Ero alla scrivania intenta nelle mie cose – far quadrare gli interventi degli ospiti del pomeriggio, rispondere al telefono, scrivere una mail, cose così – con la radio in sottofondo. Il mio lavoro. Ma qualcosa all’improvviso mi trafigge: la vita di quella persona in onda. Mi trafiggeva quella voce, voce di un’artista che francamente non avevo neanche mai sentito nominare.  Ascoltavo vita.
E ho capito con quella trasmissione allegra e dissacrante, il perché manca tanto la voce di qualcuno che non c’è più e perché fa così male ascoltare vecchie registrazioni e come mai, di quei vecchi filmini di compleanni o natali passati, è esattamente quando arriviamo all’ascolto della voce di una persona cara che non reggiamo alla commozione.
E’ a causa dell’invisibile sua fisicità. Con i telefonini di ultima generazione, con cuffie sensibili e con la tecnologia di oggi poi la voce è, e sarà, eternamente, “quella” voce.
Il fiato, la saliva, la pause, i gorgoglii, le labbra, gli schiocchi di lingua, la laringe, l’aria che passa dai polmoni alla bocca e che produce suono. Corde vocali. Vibrazioni, pressioni.
Vita. Vita che non è più.

E ascoltare la vita, quando la vita è finita, è struggente e malinconico come questo haiku di Santoka.


(Ferri del mestiere)

Il pezzo completo lo trovate on line sulla rivista che ogni tanto ospita le mie haiku-riflessioni.
Si chiama L'Undici ed è leggibile cliccando QUI!

lunedì 3 marzo 2014

Fuoco cammina con me

Nessun aiuto 
per quelli come me
vado a a camminare.
(Santoka 1882-1940)



Quando una domenica sera da Fazio ho visto che anche il grande regista David Linch parlava di meditazione mi è crollato il mondo addosso.
Proprio lui, il conturbante ideatore di Mulholland Drive e di Velluto blu, il Linch dal meraviglioso ciuffettone pulprock ora bianco, mi si è intrippato nei viaggi trascendentali come il più banale dei miliardari americani che fissa un pezzo di quarzo nel deserto!
E ne parla seriamente e mi fa pure lo schema (schema che poi ricorda molto i grafici dei guru americani per ritrovare l'autostima o per far dimagrire 60 chili step dopo step)!
Mi catapulto su Wikipedia, leggo che pratica da anni la meditazione trascendentale -lecito- ma soprattutto leggo questo che vi incollo:

Lynch sta lavorando alla creazione di sette "fabbriche della pace", ognuna con 8000 insegnanti delle tecniche avanzate di meditazione trascendentale. Ha stimato che il costo di questa operazione sia di 7 miliardi di dollari; al 2005 ha investito personalmente 400.000 $ e ha raccolto 1 milione di dollari in donazioni individuali e da parte di associazioni.[19] In Italia lancia il suo primo progetto "Scuola senza stress" iniziando con la sperimentazione in due scuole catanesi.

Tralascio alcuni punti: in Italia alcune aule sono spesso da film dell'orrore, il concetto -tutto da approfondire- delle 'fabbriche di pace' e quello di che penso veramente sulla meditazione prêt à porter.

Ma ecco la salvezza. Questo piccolo cartone animato dedicato a Santoka e che vi propongo con le mie istruzioni per la visione:
- se non la conoscete, date un'occhiata alla storia di questo monaco QUIQUI e QUI.
- mettetevi tranquilli  e concedetevi 6 minuti di calma totale
- staccate il telefonino
- trovate una posizione comoda al computer e regolate l'audio prima e non durante (!)

Ora siamo pronti per ascoltare il suono dei grilli, presenti spesso insieme alle pulci negli haiku di Santoka, e qui evocati in suo omaggio, a stordirci con il suo amato saké e a meditare su questo piccolo monaco zen sconosciuto a noi occidentali.

L'inizio è in giapponese e per la traduzione ho chiesto aiuto a Laura Imai Messina, che ringrazio tantissimo, autrice di un blog sulla sua esperienza decennale in Giappone e ora anche di un romanzo.
Ecco quanto la voce fuori campo di Santoka ci dice attraverso alcune frasi tratte dal suo diario:
                                                               
Io ho camminato,
ho continuato a camminare,
perché volevo camminare,
no, è perché dovevo camminare,
no, no è perché non potevo che camminare,
che ho camminato.
Poiché continuo a camminare.



giovedì 12 maggio 2016

Lingotto

Ho del riso
dei libri
e persino del tabacco
(Santoka 1882-1940)


Quelli come Santoka, a cui bastano poche cose nella vita, sono quasi tutti qui al Salone del Libro. Posso dire di conoscerli uno per uno e che mi piacciono tutti? So che si aggireranno in cerca dello stand di questa o quella casa editrice, affolleranno gli incontri con l'autore, sbricioleranno un pezzo di panino sulla maglietta, lo zainetto da cui esce la bottiglietta d'acqua e che non si chiude, giacca a vento annodata ai fianchi. Sono persone interessate, civili, quelle che non ti fregano in fila. Una popolazione possibile di un'Italia possibile che sembra essere racchiusa tutta qui, che si è data appuntamento in questi giorni al Lingotto di Torino. 
Sì, posso proprio dire che conosco ognuno di loro. 

È ancora presto e il Salone deve ancora ufficialmente iniziare, ma non per me. 

Sono già dentro il Lingotto, l'ex fabbrica sede di questo grande incontro tra tutti noi, dove ancora le antiche fatiche se ci pensi un attimo riesci a immaginarle, ecco la linea, senti il clangore, la pista per le automobili da provare, basta alzare lo sguardo e vedi le sue eleganti volute di architettura industrial vanvitelliana, gli uffici, le entrate, le uscite, i dialetti mischiati e urlati come per lo sciopero, stasera si va a ballare che mi piaci, qualcuno mi sostituisce che mi fa male, mi manca la sicilia, la calabria, mi manca casa, oggi è il suo compleanno e sono qui.
Ascolta.

Fra poco si apre, si comincia, attaccherà il solito brulichio sonoro. Ho dei libri, caro Santoka, e amo i luoghi che mi parlano come quello dove sono adesso. Porto con me questo piccolo saggio di Handke per un incontro dove sono invitata. Ho in borsa anche "L'architettura della città" di Aldo Rossi , "Al giardino ancora non l'ho detto" di Pia Pera, "Il posto" di Ernaux.  Sono luoghi da "sentire" e non da visitare. 
Un po' come questo dove sono, dove siamo noi.


(Il mio luogo tranquillo)








mercoledì 21 settembre 2016

Pordenonelegge

L'ho dormita tutta la sbronza
mi distendo
nella sorgente calda
(Santōka 1882-1940)


Io, la sbronza, l'ho dormita quasi tutta. Quasi. Non ho quel distacco (e resistenza!) santokesco purtroppo, frutto di anni e anni di privazioni, cammini esistenziali e meditazione, e la sbronza del mio debutto, con i suoi fumi, ancora me la sento addosso.
E siccome è successo tutto insieme, e concentrato in poche ore della stessa giornata, raccolgo quelle sensazioni qui, per non disperderle nell'aria come farebbe l'alcol che Santoka ama tracannare.

Prima di tutto "Pordenonelegge", una cosa che funziona e bene. 
La cittadina che accoglie la manifestazione è bella, forse non secondo i canoni classici, ma i suoi incastri architettonici tra moderno (un teatro bianco e acciaio, in stile MOMA), il razionalismo di alcune strutture con i palazzi medievali che sfilano lungo il corso principale, gli archi squadrati alternati a quelli tondi, il verde e il fiume, offrono una visuale di intersezioni e di movimento che mi piace.  
Il formicolio creato dalla manifestazione culturale, gli abitanti mai stufi di un turismo anche se mordi e fuggi, sempre gentili, pronti, disponibili. 
Lavoro e rapidità. 
Le bandiere gialle, le magliette dei ragazzi volontari con le ali d'angelo, i cioccolatini, il prosciutto e il frico. Gente che legge e che scrive, gente contenta di essere lì. 
Io? Non stavo nella pelle. Giracchiavo. Perdevo tempo mentre tutti erano indaffarati.
La notte non ho quasi chiuso occhio, ammetto, ho anche acceso la televisione prestissimo e seguito un documentario di Alberto Angela su Dubai e un altro sui granchi australiani.
Finalmente arrivano le dieci e poi le undici e anche l'ora per muoversi. Tra tutti vestiti nuovi acquistati per l'occasione, scelgo il solito, quello più vecchio. Il "preferito" con le farfalle e la collana più bella che esiste. 
Mi incammino verso palazzo Gregoris con Loredana, per la prima presentazione pubblica e importante, del mio libro su Santoka. 
Eccovi la lista delle cose di quella giornata che non devo dimenticare:

- la cipria al volo in profumeria
- la fila fuori il luogo dell'incontro (sì, la fila!)
- gli amici seduti in sala e i loro sguardi contenti
- l'amica in prima fila 
- gente seduta per terra perché la sala era troppo piccola per contenere tutti
- i baci e gli abbracci dopo presentazione
- Loredana emozionata nonostante anni di dirette e ospiti da intervistare ben più blasonati
- l'affetto che trasmetteva, assorbiva e che mi mostrava con le sue parole accurate
- Massimo Cirri e Davide Toffolo e Benedetta Craveri 
- Adriano e la sua compagna!
- Patrizia veloce come i suoi commenti
- Floriana, Maria e tutti coloro che, da Fb, sono arrivati a Pordenone per me.

E poi c'è un'ultima scena che mi si è piantata dentro e che rende la mia sbronza impossibile da smaltire. Ve la racconto ma necessita di una premessa. 
Questo libro non ha dediche in esergo, sarebbero troppe, quindi non le ho fatte. Ci sono dentro la vita e gli haiku di Santoka, sì, alcuni cenni sparsi sugli altri hajin ma, molto di più, ci sono io. Con i miei affetti, la mia vita. E c'è ovviamente anche mio padre, che non c'è più, ma che nel libro c'è. Pochetto, ma c'è. 
Quante volte ho pensato a quanto mi sarebbe piaciuto che avesse saputo, che ridesse di me e del mio "status" di nippologa (improvvisata)... Mi avrebbe preso in giro e sarebbe stato orgoglioso. 
Vedo alzarsi una signora castana, mannaggia non ricordo il nome, ma lei me la ricordo benissimo. E' vestita di blu, ha una frangetta, mi pare emozionata, è l'ultima domanda, abbiamo quasi finito. 
Al microfono dice che ha molto apprezzato il mio modo di proporre quel senso di "sottrazione del sé" tipico dei poeti, e dei maestri in genere, di tutti i tempi e culture, e che fu anche argomento di una lezione del "suo maestro indimenticabile" all'università, mio padre Achille. Ha ricordato le doti di letterato e studioso, e altre cose belle che ora intravedeva in me e che non mi ricordo bene ma che terrò comunque con me. 
Non avevo più parole (sottrazione vera!), mi è letteralmente calato il sipario sugli occhi. Ronzio nelle orecchie, caldo pazzo, le persone davanti si sdoppiavano. 
Ma sono riuscita a leggere un ultimo haiku di Santōka, lì con tutti. 
Insieme.

(Palazzo Gregoris. Ore 11.20. In attesa)





(Unpof)










martedì 18 febbraio 2014

In viaggio

Qualcuno parla
ha la voce di mio padre
il viaggio si fa triste
(Santoka 1882-1940)



Taneda Santoka che compone questo haiku nel 1932, è in cammino già da sette anni in pellegrinaggio per il Giappone.
Personalità caratterizzata da una tensione psicologica strettamente novecentesca, di colpevolizzazione e fallimento, Santoka scrive nel suo diario che "la fede è l'origine, lo haiku la sua espressione. Per questo devo camminare, camminare, camminare fino a che non arrivo".

E solo leggendo i suoi versi possiamo accompagnarlo.
Ma il viaggio insieme al monaco zen più anarchico e solitario è lungo e, a volte, capita di venire trafitti a tradimento da una voce, da una canzone, da un odore. 
E dobbiamo ricominciare il nostro cammino ripassando dal 'via', in una strana circolarità zen che ricorda quei giochi che facevamo da ragazzini magari sotto lo sguardo dei nostri genitori  che oggi non ci sono più.



.


Mio padre oggi avrebbe compiuto 78 anni.





giovedì 11 febbraio 2016

Cuscino

Cuscino di pietra
accompagno 
nuvole
(Santoka 1882-1940)


Vi ricordate il giochino scemo? Ho una cosa bella e una brutta? 
La bella è questo haiku di Santoka, in assoluto il mio preferito di quelli scritti dall'haijin che amo di più, e che vi offro oggi per godere del panorama che ci circonda attraverso un punto di vista diverso. Il monaco zen usava appoggiare la testa per terra, guardare verso l'alto e accompagnare le nuvole, mica male come metodo!
La cosa brutta? E' osservare come le cose si siano già capovolte da sole rendendo il nostro passo, come le nostre certezze, malfermo.
Penso ai luoghi di vacanza come le spiagge siciliane o le isole greche, luoghi di panini sul traghetto e di profumi, estivi come gli amori, che sono diventati luoghi di lacrime e di naufragi. 
Ancora altri morti, altre ventisette vittime, undici bambini, nove dispersi a pochi chilometri da Lesbo, provenienti dalle coste turche (notizia QUI).

Cerco il cuscino di Santoka, per rimettere nuovamente le cose dritte.


(amato sottosopra)




giovedì 29 gennaio 2015

Roma amoR

Forte stretta di mano
la tua mano, la mia mano
screpolate.
(Santoka 1882-1940)



Niente da fare, Santoka è Santoka!

Finalmente Roma è la centossessantesima città italiana ad approvare il registro delle unioni civili!!!
Copio e diligentemente incollo: "si definiscono unioni civili quelle forme di convivenza, riconosciute dall’ordinamento giuridico, fra due persone, legate da vincoli affettivi ed economici non vincolate dal matrimonio o impossibilitate a contrarlo". E il link alla notizia (leggi)
Qui c'è da festeggiare la possibilità di amarsi, di essere tutelati e di stare anche un po' più sereni.
E il metodo per festeggiare rimane il solito...



(Come gli pare.)


Vorrei che rileggeste questa storia d'amore cliccando QUI. Era bellissima.

lunedì 23 giugno 2014

Buon lunedì estivo!

Lucciole ovunque
rieccomi
nel mio villaggio natale.
(Santoka 1882-1940)

Sul pianeta Terra si stima esistano cinque milioni seicentomila specie di insetti. Oggi, primo lunedì estivo, parleremo allora di lucciole. Le ho viste l'altra notte, in una campagna vicino Roma, al ritorno di una festa di compleanno.

Vi va di rileggere l'haiku di Santoka, alla luce...delle lucciole? 
Stanco dopo tanto camminare, l'inquieto monaco vede il suo villaggio natale, luogo caro ma ostile, che ha lasciato per i suoi pellegrinaggi esistenziali durati più di dieci anni. Conoscendo la complicata biografia di Santoka non è un caso, per me, che l'immagine "villaggio natale", collocata nel terzo ku, sia il kireji (leggi QUI) ovvero il luogo poetico di ribaltamento e sorpresa 
È una serata tiepida, estiva. Tutto intorno i puntini luminosi e intermittenti delle lucciole. Lo immagino un po' brillo appoggiato al bastone, con i tabi infangati, il cappello di bambù (kasa) dietro la schiena, la sacca delle elemosine ai piedi, la fiaschetta del saké vuota. 
Stanchezza, attesa, silenzio, sorpresa, spaesamento, eccitazione...

Tornando alle nostre piccole lucciole, il kigo (leggi QUI) scelto dal poeta per questi tre versi, vero e proprio perno della composizione, aprono, per i lettori, l'immensa porta del cosmo. 
Ed è una gran bella sensazione. 
La settimana la apriamo anche con le polemiche sul garantire o meno l'immunità ai senatori ((link notizia qui) . Allora aggiungo un haiku, sempre con gli insetti di mezzo, meno romantico ma d'effetto:

Le zanzare!
Sono venute a cibarsi del sangue
del dormiente?
(Issa 1762-1826)


 (et voilá)


mercoledì 12 marzo 2014

Palleggi e haiku


Non ci sono più case
dove mendicare
nuvole sulle montagne
(Taneda Santoka 1882-1940) 






Lui è come Santoka, Issa Kobayashi, Matsuo Bashō. Un monaco zen della contemporaneità con la camicia rosa. Come loro vive con sacrificio, sobrietà, elemosine, scarpe comode - i miei monaci giapponesi usavano i tabi, ma non importa- e in solitudine. 
Probabilmente non compone haiku ma quello che a suo modo ci dice gli assomiglia molto.
Sulla ricerca del satori di Santoka, attraverso la meditazione, date un'occhiata QUI
Vale la pena!

martedì 23 giugno 2015

Nuvole

Nuvole fluttuanti
e lo splendore del tempio
si riflettono nell'acqua
(Santoka 1882-1940)



A quelle nuvole fluttuanti (ukigumo), soggetto per la cultura giapponese più poetico che fisico di qualcosa in perenne cambiamento, mi appendo per volare in alto con Santoka. 
Per immaginare e perdermi.


Mi prendo prima la briga di fare uno schemetto sulla situazione in Grecia. Ci siamo quasi: l'estenuante trattativa con i suoi debitori è quasi alla fine.
Sui giornali abbondano grafici e tabelle. Tra le misure economiche che i greci intendono adottare le pensioni fino a 67 anni e il taglio dei prepensionamenti (alè!), poi l'IVA, una tassa di solidarietà che dovrebbe riguardare persone e società con redditi alti e tagli automatici alla spesa pubblica e una serie di altre misure finanziarie e tecniche troppo astruse per me.

Mi interrogo. Un Paese può concedersi il lusso di non pagare il suo debito? 

Nell'attesa, decido che mi farò un giro dentro il Quirinale dove stanze, finora rimaste chiuse, da oggi saranno accessibili a tutti. Una bella casa comune, elegante e splendida, dove si respira un'aria accogliente per tutti. Un tempio.(Notizia qui)
Tour utile per sentirsi italiani ma rigorosamente italiani senza nazionalismi, sensa enfasi, senza grandi maiuscole. 

E come Santoka sotto il suo cielo di nuvole fluttuanti noi, italiani con la "i" minuscola, per la durata della visita ci sentiremo un po' meglio e per un paio d'ore saremo altrove, in un'altra casa possibile e non più in quella brandita dai leghisti.
E poggiando lo sguardo sugli arredi (non ancora pignorati) del tempio, opere d'arte e pregiata mobilia, ci consoleremo un po'.


(Sulla soglia)

lunedì 29 settembre 2014

Elogio delle dimissioni

Tornando a casa -
Nella profonda quiete
polvere sulla scrivania
(Santoka 1882-1940)


Dopo l'elogio dell'inchino e quello che ho dedicato alla gentilezza, oggi mi cimenterei nell'elogio delle dimissioni.

La questione dell'ex magistrato De Magistris (notizia qui), che in questi giorni sembra non credere più nella Giustizia, mi ha fatto malinconicamente ripensare a un blob unico di decine di facce di persone abbarbicate al loro ruolo mentre tutto - i fatti accorsi, le azioni di loro stessi o di altri ad essi vicini - contribuisce a svuotarli della loro immagine istituzionale, politica, pubblica. 
Così, con l'aiuto di Santoka, elogio le dimissioni, ricordando quei pochi altri, tipo quel ministro X danese che per avere acquistato un gelato con i soldi del partito si è sciolto scomparendo per la vergogna o quel dirigente giapponese Y che riconsidera Mishima, o quell'anonimo dirigente locale Z che ha mollato la poltrona, pur accusato ingiustamente, così, solo aspettando che "la magistratura faccia il suo lavoro".  

"Tornando a casa" dice Santoka. Com'on! Oh baby don't you want to go gli risponde questa mitica canzone.


(Clicca QUI per questa "serenata" con un organico di un certo rispetto)








mercoledì 13 maggio 2015

Buona colazione!

Splendente trasparenza
nel sole:
il mio cibo riso bollito
(Santoka 1882-1940)



Santoka sì che era un grande! È il mio maestro ideale (altro che riforme scolastiche e polemiche varie sugli invalsi) sempre pronto a indicarmi qualcosa, in controluce, che non sono in grado di vedere da sola. Maestro dallo sguardo lungo e profondo!
Ecco, oggi il suo riso bollito mi fa guardare alla mia colazione, in assoluto il momento che amo di più della mia giornata, con più attenzione. 
La tazza fuma, i biscotti sono croccanti, il sole splende, stiamo tutti abbastanza bene, mi aspetta il viaggio verso il Salone del Libro - trasferta torinese a cui sono affezionatissima e motivo di incontri e scoperte - faccio un lavoro interessante che mi riserva sempre sorprese, la trasmissione su Dante è quasi pronta...
Insomma vedo piccole cose grandi cose che "sono" la mia vita di questo periodo, e Santoka che me le mostra. Una dopo l'altra.


(Nel sole)



venerdì 8 agosto 2014

La mia "Izu"

Il clima è mite a Izu
passo la notte in un campo
suono d'onde.
(Santoka 1882-1940)

La serenità di questo haiku, la sensazione del clima "mite" di una notte estiva passata da Santoka, ovviamente all'aperto, addormentato con il sottofondo della risacca marina, ci trasporta nel molle clima della vacanza dove sono banditi orari, scadenze e abitudini cittadine.
Ognuno di noi ha un luogo, un posto dove sta bene anche se non risponde ai canoni facebook di spiagge bianche, coralli alle caviglie, goccioline su scollature, capelli al vento e ukulele. Sono sicura che ognuno ha il "suo Izu" che magari non è proprio capito da tutti - che volete farci! - ma a noi ci sta benissimo così, anche se non è fotogenico. 

Barcola, il lungomare di Trieste, non ha insenature nascoste o calette instagram da postare e i corpi in costume che la abitano non sono proprio da calendario. 
È un posto comodo, popolare e raggiungibile. 
L'acqua è pulita - la recessione siderurgica ha i suoi lati positivi - e chi la frequenta la sente sua. Se si desidera ecco un posto nei "topolini" pubblici serviti di bagni, docce, spogliatoi e solarium. Chi ha un'anima tra il grunge e il camperistico preferisce la pineta. 
Tutto da generazioni. Tutto a pochi metri dalla zuccherosa Piazza dell'Unità.

(Amo  questi "topolini")

Barcola la si abita, popolandola con l'intera famiglia nonna compresa; la si arreda con lettini, sedili e ombrelloni (sono ammessi anche quelli per la pioggia); la si ritrova ogni giorno auto-assegnandosi il posto, sempre quello; la si percorre su e giù con la passeggiata postprandiale lungo i tre chilometri di mare, pini, facce e corpi; la si gode sia a pochi mesi che a ottanta anni grazie alle discesine con corrimano dei topolini che permettono a tutti un bagno comodo; la si raggiunge in pausa pranzo tirando fuori, al volo, costume e asciugamano.

Per me poi è un punto di osservazione unico: sbircio titoli dei libri e i rebus delle settimane enigmistiche, ascolto chiacchiere in serbo, triestin, sloveno, croato, cinese e, non so perché, in napoletano, spio i baci degli adolescenti e i grugni delle vecchie coppie, mi beo della bellezza dei corpi anche di quelli stagionati, invidio la naturalezza dei vecchi, annuso i lattanti. 
Tutto da ferma. Tutto mi sfila davanti.
Sul pranzo menzione speciale. Alle 13 scocca l'ora X: le carte da gioco sui tavolinetti scompaiono in fretta, le tovagliette sventolano, le borse frigo si liberano dai ganci, i coperchi tupperware schioccano. 
"Il clima è mite a Izu" ci dice Santoka. E se anche voi avete un "Izu", questo è il momento di rivelarlo al mondo! Appuntamento a lunedì!

martedì 23 settembre 2014

Piccola buona notizia

Ah! Se tutti i giorni
mi sentissi così bene 
come dopo il bagno!
(Ryōkan 1758-1831)


I nostri poeti in cammino, primi cantori dei "nonluoghi", avrebbero sicuramente apprezzato l'iniziativa del gruppo Ferrovie Italiane che sta cedendo, gratuitamente, stazioni in disuso a chi le riqualifichi, restauri e progetti per esse attività socio-culturali (notizia QUI e QUI).
La notizia avrebbe fatto felici Issa, Santoka, Bashō e tutti i monaci zen che giravano su e giù per il Giappone (vedi le loro storie sul blog). Quanti haiku dedicati alle piccole soste, agli incontri casuali, alla solitudine di chi viaggia, al piacere di un po' di riposo o di un "bagno" caldo nelle stazioni termali giapponesi, annotati anche da Santoka o da Ryōkan! 

Piccola, ma buona notizia.

(Matera. Che dirvi? A me questo vecchio ponte ferroviario sul nulla...non mi dispiace affatto!)




A proposito di bagno, mi scopro avere dedicato a questo sacro luogo ben due post. Uno sulle terme giapponesi, gli onsen, con uno haiku di Santoka divertentissimo QUI , e il secondo sul "Saggio sul luogo tranquillo" di Peter Handke, che ancora vi consiglio, QUI