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mercoledì 18 maggio 2016

Senza l'albero

Vecchio villaggio:
nessuna casa
senza un albero di diosperi
(Bashō 1644-1694)


"Susannaaaaa, non sai che stanno facendooo! L'albero quello bello, quello enorme bellissimoooo!" Mauro urlava nel mio telefonino cercando di superare il suono della sega elettrica. "Ho cercato di fermarli, cazzo. Ho cercato, ma nulla da fare... L'hanno distrutto..."
"Ma perchè?" 
"Toglie luce, dicono, ma che ne so... Dovessi vedere come l'hanno ridotto..."
Torno a casa e, proprio come il merlo che vedo zampettare con aria interrogativa sopra quei due monconi che hanno lasciato al posto di rami, cerco anche io l'albero meraviglioso che era lì fino a poche ore prima.
"Dove è finito il mio nido, dove sta? Non lo trovo più!" Con il suo capino nervoso, sembra proprio cercarlo di qua e di là.
Fino a ieri sera ci faceva da tenda, riparandoci da sguardi indiscreti, il nostro albero, ornamento naturale e fluttuante. 
"Dove sta il nostro albero? Non c'è più!".
E siamo andati a dormire tutti e tre, due umani più un merlo, tristissimi. Come se ci avessero preso a schiaffi, con un carico di frustrazione come dopo un sopruso, come se mi avessero ucciso il cane, ha detto Mauro, come se mi avessero caricato a una manifestazione pacifica, dico io.
La casa ci era piaciuta tanto anche per lui, la mattina ci svegliavamo con gli uccellini che cantavano dai rami e le ombre delle fronde che dondolavano sull'armadio. Che bello quell'albero grande che spuntava alla nostra finestra e di cui non abbiamo mai capito la specie. Non era un pino, nè un'acacia, tantomeno un diospero dai cachi prelibati, era solo un bellissimo albero. 
Bellissimo, con tante foglie argentee, che sarebbero diventate gialle e poi verdi, pieno di uccellini che la mattina avrebbero ancora cantato al posto di una banalissima sveglia.

(Stamattina)
                                

mercoledì 14 novembre 2018

Sotto il baobab


Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santōka 1882-1940)



Il termine Baobab viene dal francese baobab ed è rintracciabile intorno al 1590 nel latino medievale "bahobab", a sua volta di origine africana. L'etimo è incerto, per l'American Heritage Dictionary deriverebbe dall'arabo بو حباب būħibāb "padre di molti semi", da ابو ʾabū "padre" e حب ħabb, "seme". In alto a destra della paginetta wikipedia la fotografia dell'albero in questione, il tronco possente sul blu deciso di un cielo africano, i rami fronzuti a circa venti metri da terra e l'omino piccolo piccolo accanto, a farne risaltare l'altezza, e il terreno arso tutt'intorno.
Nella Roma più brulla, quella della stazione, quella di passaggio, quella dove nessuno si ferma, quest'albero-padre fioriva - in qualche modo ce la faceva - con le cure di chi aveva a cuore i suoi molti semi. Fioriva. Non era il più bello del mondo, era complicato, sì era un albero complicato, ma almeno era qualcosa.

Leggo la notizia "Secondo una prima stima, sarebbero circa 150 le persone trovate questa mattina dalla polizia all'interno del presidio. Circa 120 quelli che sono stati portati in via Patini presso gli ufficio immigrazione della questura di Roma. Gli altri 30 sarebbero invece richiedenti asilo o persone con regolari documenti di riconoscimento che sono state allontanate.Tra loro c'è anche una famiglia italiana"

(per strada)







   

venerdì 22 settembre 2017

L'albero delle idee


Caduti i fiori -
tra i rami degli alberi
il tempio appare
(Yosa Buson 1716-1783)


La forza delle radici, la potenza della linfa, lo slancio dei rami, la ricchezza dei frutti, la maestosità della chioma. La sacralità di un albero. Qualcosa di paterno e caro mi avvolge quando tocco, col palmo bene aperto, il legno del tronco. Anche quello di un albero cittadino, anche quello di un'acacia storta a bordo strada.

Due anni fa mi venne in mente di portare a Matera, in occasione del Festival di Radio3, un gesto: piantare un albero. Ci procurammo un arbusto, una zolla di terra e un po' d'acqua e celebrammo il piccolo rito in memoria dell'archeologo siriano Khaled al-Asaad tutti insieme, con gli ascoltatori che ci hanno raggiunto per l'occasione e con quelli a casa. Una cerimonia piena di vita mentre la marcia lunga e commovente di profughi continuava, come adesso, passo dopo passo, il suo cammino in cerca di pace.
Sì, troppi sono i fiori caduti e il poeta indica la luce tra i rami, ci dice di guardare lì, laggiù. Di guardare lontano. Ci si prova...
Per noi fu un bellissimo momento di condivisione non solo radiofonica e certo non vi nascondo il mio orgoglio a ripensarci oggi...
E allora stamattina sono tornata al Museo Archeologico di via Ridola per vedere come stava il "mio" alberello. Il pistacchio ha resistito a gelate e siccità, penso, e scatto la fotina per pubblicarla qui, e verdeggia in un bel chiostro protetto da bianche pietre materane. Mi sembra stia bene, penso, esile ma resistente e, anche se non vedo nessuna targhetta che ricordi l'evento, mi appare come il più significativo, il più bello tra tutti gli altri. E il pensiero torna al professor Khaled al-Asaad ucciso a Palmira il 18 agosto 2015, morto difendendo i valori culturali in cui credeva. 
E davanti al pistacchio  resistente mi è venuta un'altra idea ancora, un'iniziativa che potrebbe riguardare tutti voi che partecipate al Dailyhaiku così attivamente e con tale sensibilità da renderlo un posto unico nella rete. Una piccola idea per lo Ius Soli. 
Se ve la dico, mi aiutate a realizzarla? Ho bisogno di una mano!

(Il pistacchio di Khaled al-Asaad)


mercoledì 27 giugno 2018

Ailanto, verde musa



Ailanti, verdi muse,
voi germi di un’estate
che trabocca dai parchi,
versati nel costato
delle muraglie, ailanti,
lance bronzee
su strade spoglie,
arbusti intrusi
delle boscaglie
sempre in agguato
tra le siepi ordinate
celati, flessuosi
nei bei giardini,
coi rami agili
ailanti clandestini


In un pomeriggio come quello di ieri, lontana da radio e dirette, ho conosciuto l'Aylanto. 
E' successo mentre mi trovavo nei dintorni di Piazza Vittorio, nella gelateria dai soffitti alti e i tanti tavolini di ferro battuto, quella con il lungo bancone, multicolore come gli avventori, dentro quel "palazzo del freddo" che si chiama Fassi e da 130 anni rende più fresca l'estate ai romani.
Ho scritto sul telefonino "chi conosce quest'albero?", ho aggiunto la foto e in tanti mi avete risposto: è un aylanto.
Ora so che questo mio albero amato, fronzuto, e che quindi frònzola davanti alla mia finestra, viene dalla Cina e che il suo nome vuol dire letteralmente albero del Paradiso perché pare lo arrivi a sfiorare tanto cresce in fretta, e in altezza, in pochi anni. E' molto resistente, ha bisogno di poco e sta bene ovunque e, orrore orrore, infesta e minaccia le nostre piante, la nostra flora autoctona, qualcuno scriveva allarmato. Chi postava foto, chi versi, chi micro lezioni di botanica resistente.
Mentre compulsavo il telefonino e rispondevo, la ragazza al bancone serviva il gelato a due bambini cinesi che con i genitori parlavano appunto cinese e con lei un perfetto italiano. Il loro gusto preferito era il mango, con molta panna però, e ricambiavano con un grazie sussiegoso non appena il cono arrivava tra le loro manine, aggiungendo un piccolo cenno della testa in modo grato. Altre due ragazzine, cinesi anche loro, più grandicelle, che somigliavano alle mie nipoti avvolte com'erano da quella tipica stupidera adolescenziale che le faceva ridere per qualsiasi cosa, anche per uno sgocciolìo al pistacchio sulla maglietta, parlavano tra loro un perfetto romanesco, proprio come Martina e Veronica, uguale uguale, e mi facevano riflettere su tutte quelle baggianate sul non volersi integrare dei cinesi arrivati qui, sulla loro esigenza di fare massa compatta e inespugnabile eccetera eccetera. Balle, se solo le osservavi mentre leccavano il loro gelato, balle. Per capire bene l'italiano, e soprattutto gli italiani, un cinese ha forse bisogno di una generazione in più, pensavo, e la chiacchiera di queste due potenziali nipoti cinesine confermava la mia tesi. Per loro cioccolato fondente e frutti di bosco senza panna, che dopo devono andare a una festa.
L'Aylanto, l'albero infestante che preoccupa molti amanti del verde per la sua capacità invasiva, mi dite. L'Aylanto, che arriva da lontano  e ci fa ombra con le foglie morbide come pezzi di seta verde, ormai fa parte del nostro nuovo panorama urbano, rispondo. Mi è familiare e se lo intravedo, o ne ascolto il fruscìo setoso, mi sento a casa. 

(flora e fauna)



mercoledì 12 luglio 2017

Alberi


Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santoka 1882-1940)



Santōka e il suo cane riparano sotto un albero. Sono finalmente protetti. Un haiku in memoria di tutti gli alberi bruciati nella campagne messinesi.
Davanti alla mia finestra, ogni giorno, rinnovo il mio dolore piccolo, ma acutissimo, in memoria del "mio" albero fronzuto e paterno, morto perché brutalmente capitozzato un anno fa (cliccando QUI la storia del mio albero).

(Preghiera quotidiana)

mercoledì 22 giugno 2016

L'albero (2)

Siamo immersi nelle foglie verdi.
A mio figlio
cominciano a spuntare i denti
(Nakamura Kusatao 1901-1983)



Ricordate il post sull'albero che avevo scritto una decina di giorni fa? No? Eccolo QUI.
Letto? Bene, questo che segue consideratelo un aggiornamento.  

Come la mamma dell'haiku che premurosa, e con una leggera ansia, controlla che il figlio cresca bene, ogni mattina conto le foglie che spuntano. 
Ma davanti a miei occhi è rimasta solo l'idea dell'albero che era, il sogno, ridotto com'è a un'istallazione grottesca realizzata da un artista sadico. Sembra una fionda, una tibia gigante mezza affossata, un grosso alieno di legno.

Del merlo non abbiamo notizie, spero per lui che le cose gli vadano bene.

Oggi? Siamo più o meno a quindici foglie, nei momenti di pessimismo acuto penso che non ce farà mai: della fila brutalmente capitozzata fuori stagione è quello dai moncherini più ridicoli e più glabri. Il suo vicino sembra un cotton fioc extra large, quello dopo l'hanno ridotto a una majorettes con due pon pon verdi e scamuffi. Il terzo, che intravedo laggiù, sembra una mano che saluta con un anello verde al dito.
Violentati e ridicolizzati.
Erano austeri, regali, con la chioma ben distribuita su rami forti a completare un'architettura naturale perfetta.
Le foglie sapevano suonare con il vento, sotto erano un po' color argento, in autunno diventavano giallo oro...

Osservo questo pupazzone un po' clown e un po' mostro, e conto, giorno dopo giorno, le foglie che spuntano.
Chissà...


(Al circo)






mercoledì 18 giugno 2014

Albero Saramago

Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santoka 1882-1940)


A quattro anni dalla sua scomparsa dedico al grande scrittore portoghese questo haiku di Taneda Santoka (tags) che vede protagonista "un albero gigante" come nume tutelare e protettivo.
Figlio e nipote di agricoltori José Saramago scrisse, in occasione di un progetto Greenpeace, queste righe:

Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all'ospedale dove lo stavano portando, scese nell'orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato. Quell'uomo era un semplice pastore, un contadino analfabeta, non un intellettuale, non un artista, non una persona colta e sofisticata che decideva di lasciare questo mondo con un grande gesto che la posterità avesse ricordato. Si sarebbe detto che stava salutando ciò che fino a quel momento era stato di sua proprietà, ma di sua proprietà  erano anche gli animali che davano da vivere ma lui non andò da loro a salutarli. Si accomiatò dalla famiglia e dagli alberi come se fosse stato per lui tutto la sua famiglia.


José Saramago mi si rivelò con la sconvolgente invettiva in forma romanzo "Cecità" ma a me qui piace ricordarne la coerenza politica e soprattutto la sue prese di posizione solitarie, impopolari e libere.



(Grandioso larice di periferia in Via Tor de Schiavi a Roma. Nulla da invidiare a quelli pariolini)


lunedì 9 febbraio 2015

Albero

Con un bel pino
hai creato il luogo
della tua tomba
(Ogiwara Seinsensui 1884-1976) 





Ho appreso dell'esistenza di un'urna biodegradabile che... sboccia. (qui).
Non è forse bellissima la possibilità di inserire il seme di un albero all'interno dell'urna che conterrà le nostre ceneri? Poter dare vita a una pianta, non ha più del fiabesco che del mortifero? A me sembra di sì.
In posti come la Svezia le cosa sembra essere abbastanza praticata, parlano di eco-sepolture sostenibili, non dico altro. Ovviamente ci sono i credenti, le reincarnazioni, i giudizi universali, rispetto tutto e tutti. 
Ma un albero nato così è qualcosa di meraviglioso, commovente e vitale.
Da abbracciare.


(Amico mio. Conosciuto a Villa Borghese anni fa)

Aggiungo questo post. Da leggere cliccando QUI.


    

lunedì 7 settembre 2015

Alberi a Radio3

Caduti i fiori -
tra i rami degli alberi
il tempio appare
(Yosa Buson 1716-1783)


La forza delle radici, la potenza della linfa, lo slancio dei rami, la ricchezza dei frutti, la maestosità della chioma. La sacralità di un albero. Qualcosa di paterno e caro mi avvolge quando tocco, col palmo bene aperto, il legno del tronco. Anche quello di un albero cittadino, anche quello di un'acacia stortignaccola bordo strada.

Allora, per chi ancora non lo sapesse, ho portato a Matera, al festival di Radio3, l'idea che vi avevo anticipato venerdì scorso. In chiusura del nostro Materadio abbiamo quindi piantato un albero (di pistacchio!) in memoria dell'archeologo siriano Khaled al-Asaad. Tutti insieme, ascoltatori che ci hanno raggiunto per l'occasione, materani, turisti e tutti noi della truppa di Radio3, abbiamo partecipato a una piccola cerimonia simbolica e piena di vita in una terra difficile e struggente come quella dei sassi. 
E proprio mentre stavamo con la zappa, smuovendo la terra che avrebbe accolto il nostro bell'alberello, una marcia lunga e commovente di profughi varcava i confini non solo politici dell'Europa.
Troppi i fiori caduti ma la luce tra i rami che ci indica Buson possiamo scorgerla solo insieme e guardando dalla stessa parte. 
E per noi è stato un bellissimo momento di condivisione non solo radiofonica!


(Vita)





lunedì 29 febbraio 2016

Vendola e vendolino

Come un padre,
e più come una madre -
il grande albero d'estate
(Tomiyasu Fūsei 1885-1979)


Sono tra coloro che hanno festeggiato la legge sulle unioni civili e che la considera un passo avanti - zoppo, incerto, tardivo quanto ci pare - ma grande. E sono tra coloro che confidano in una normativa ad hoc sulle adozioni che avvenga successivamente, perchè consapevole che solo stralciando questo passaggio, il passo era possibile. E sono tra coloro che non si sono strappati vesti e capelli pensando a Verdini o ai grillini verdini. 
E ho assistito, mio malgrado, a discussioni televisive sull'argomento dove, su opposte fazioni, litigavano membri di uno stesso partito.
Festeggio le unioni civili, la possibilità di diritti estesi a tutti, omosessuali e eterosessuali, festeggio l'amore finché dura, finché ce la facciamo a dichiararlo, la pensione reversibile, la possibilità di stare accanto a chi amiamo anche quando non può chiamare il nostro nome. Insomma festeggio. E tanto.
E festeggio anche questo "vendolino", sotto lo stesso albero c'è posto per tutti.

(La mia famiglia)

venerdì 23 novembre 2018

Parole come petali


Di quale valle
di quale albero
danzano i petali?
(Momoko Kuroda 1938)



La complessità, l'analisi, le differenze contano meno di zero. Pancia e viscere vincono su cervello e ragionamento. La competenza, annullata. Sarebbe utile prendere questo haiku e farne esercizio zen, di quale valle di quale albero, da dove provengono tutte queste parole? Meglio della palestra.


(resistenza)















domenica 29 marzo 2015

Boccioli

Soffia il vento:
si tengono forte 
i boccioli di pruno
(Uejima Onitsura 1661-1738)



Vi ricordate questo post intitolato "Sakura" fiori di ciliegio (QUI)?
C'è un albero che avrà il suo momento fra qualche settimana, forse anche meno, e per pochissimo tempo. Dopo il torpore invernale darà il massimo e come ogni anno si accenderà di fiori rosa che dureranno, se non ricordo male, meno di una settimana. Ho deciso di fotografarlo ogni tre o quattro giorni e aspettare sul DAILYHAIKU, e con voi, la sua fioritura, il suo momentone. 
E ho deciso che sarà lui il "testimonial", anche a dispetto del nome "albero di Giuda", del progetto a cui accennavo nel post e di cui vi parlerò presto diffusamente. Sì. Ci tengo moltissimo. Ah...è stato approvato!


(programma)




lunedì 15 dicembre 2014

Germoglio

Spuntano i germogli
al tronco d'un grande albero
poggio l'orecchio
(Hosai 1885-1927)





Tareke Brhane, rifugiato residente in Italia e arrivato qui dall'Eritrea via mare, è stato premiato con un'onorificenza insignitagli dal Comitato del Summit Mondiale dei Premi Nobel per la Pace - immagino il comitato delle persone migliori che esistono al mondo - nella cui motivazione si legge testualmente: 

“per essersi dedicato ad attività di sensibilizzazione sul tema dei rifugiati in Italia e per aver fondato il Comitato 3 Ottobre, con lo scopo di preservare la memoria di tutte le persone morte in mare nel tentativo di fuggire da guerra e persecuzioni e di tutti coloro che, anche a rischio della propria vita, salvano quella degli altri”.

Tareke Brhane ha vissuto quattro anni scappando tra il Sudan e la Libia, ha conosciuto il carcere di Gheddafi, è stato più volte respinto (ascolta QUI l'intervista di Tareke a Fahrenheit- Radio3). Nel 2005 è "approdato" a Lampedusa. 
Da allora aiuta gli altri come mediatore culturale e con i richiedenti asilo. Lavora attivamente per il "Comitato 3 ottobre" per preservare la memoria dei migranti morti in mare e affinchè venga riconosciuta la data del 3 ottobre quale "Giornata della Memoria e dell'Accoglienza" sia a livello nazionale che europeo.
Un albero sta germogliando, poggiamo l'orecchio sul suo tronco.


(contro tutto)























martedì 24 dicembre 2019

Sorpresa di Natale


Natale -
là c'è la stalla
con un cavallo dentro
(Saito Sanki 1900-1962)


Se pensavate che non esistessero haiku natalizi, ecco una sorpresa. L'atmosfera del Natale occidentale nel rigore enigmatico e tutto orientale di uno haiku.
Allora sotto il mio albero strano posso mettere un pacchetto con un'altra sorpresa dentro: l'assoluzione di Marco Cappato. Gli auguri sul biglietto vanno a lui, che scelta civile e dolorosa si è voluto assumere in nome di una società civile, e a tutti coloro che, come DJ Fabo, amavano e amano così tanto la vita. 


(Il mio albero di Natale)







lunedì 26 febbraio 2018

Il re della neve


Anche la neve
può non essere buona neve.
Fumo dalle fattorie.
(Santōka 1882-1940)


E' vero quello che dice Santōka, la neve è oggettivamente un po' una rogna, a Roma poi non ne parliamo, ma oggi lo contraddico, mi scuserà. 
La passeggiata a piedi di questa mattina, i cagnetti increduli e i bambini felici lungo la strada ovattata e senza traffico. E i sorrisi agli sconosciuti come quelli che si fanno a chi si incontra sul sentiero in montagna tipo: ciao, come va? vedi anche tu quant'è bello tutto questo, vero? E i tetti col cappello bianco, i tergicristallo dritti, gli indomiti in motorino comunque, il vicino che scatta foto e sorride, l'altro che ramazza ma sembra contento, una palla di neve, il moccio che cola. 
Di questo indimenticabile 26 febbraio di neve romana, su tutto, fisso nella mente il mio albero capitozzato, amatissimo nonostante sia stecchito da mesi. Il suo lampo di eleganza - a dispetto della sorte e della nostra malinconia -, e la grazia dei ghiaccioli che stamattina lo facevano rifulgere magico, maestoso. Tutta la bellezza che è stato, ancora per qualche ora, e di nuovo, per noi due che lo amavamo tanto.


(il re della neve)

Senza l'albero



venerdì 27 maggio 2016

Favour

Luccica nel calore
un cesto di vimini
sotto l'albero di susine
(Akutagawa 1892-1927)


Aspettate! Aspettate, gruppo dei sette economisti più importanti della Terra, per gli amici "G7", aspettate!!! (notizia QUI) Inventatevi qualcosa, fate qualche intervista, un paio di foto ancora - Obama, Merkel, Renzi: cheese! -  una telefonata lunga, prendetevi ancora qualche minuto! Una tartina, qualcosa da bere? Sta arrivando!
Eccola qui, finalmente Favour ce l'ha fatta! Dal suo cesto di vimini, saluta tutti, sorride.
I suoi occhi a stellina cercano quelli degli altri suoi colleghi di G7, luccicano e cercano, luccicano e cercano.
"Piccola Favour, grazie di essere arrivata fin qui! Grazie, dacci una mano tu a risolvere questa questione, la tua esperienza è importante per noi, ci serve tutta! Lui è Obama, vedi? Io sono Renzi, questo è Junker e questa signora che ti tiene in braccio si chiama Angela" "No, brava, lascia stare il naso di Cameron. Piacere Favour, piccolo meraviglioso Favore per tutti, benarrivata! Loro si chiamano Trusk e Trudeau, grazie di essere arrivata qui al G7 dopo tanta fatica! Grazie a nome del mondo!".
Shinzo Abe, padrone di casa, fa uno strappo alla regola (forse l'unico della sua carriera di diplomatico giapponese!), nessun tavolo di lavoro, via tutto, via queste scartoffie che non tutti gli ospiti riescono a capire perchè non sanno ancora leggere, via le sedie, troppo alte. 
Si rimarrà lì, sul prato, ad altezza cesto di vimini. Chi vuole può sedersi sotto l'albero di susine, chi vuole può prenderla in braccio, cambiare il pannolino a Favour. Oppure rimanere in silenzio con lei, all'ombra. 
È sbarcata da poco ma non è stanca, è pura vita luccicante, non ne vuole sapere di dormire.
Sta raccontando la sua storia a tutti, il G7 è diventato G8, la vita irrompe e noi ci inchiniamo a questo regalo.


(Il regalo più bello)









venerdì 7 marzo 2014

8 marzo: mimose o ciliegi?

Per questa festa
dispongono le bambole
- ombre sul muro
(Momoko Kuroda 1938)


Domani è l'8 marzo, festa che da anni mi sembra un po'... strattonata. 
Neo femminismi glam  - che non mi rappresentano - e vetero femminismi che non capiscono ancora da quale parte stare: pro o contro le consapevolissime macchine da guerra teen?

In questo macello tutto mediatico che non tiene conto che discriminazione e violenza si combattono solo culturalmente ovvero, semplicemente, leggendo...eleggo Momoko Kuroda mia rappresentante!


Prima di tutto partiamo da questo suo haiku che si riferisce alla antica festa delle bambine chiamata Hinamatsuri .
Il kigo risiede in quel  "dispongono le bambole" e infatti ci riporta al giorno preciso, 3 marzo.
La festa prevede la coloratissima esposizione di tante bamboline tradizionali, posizionate ordinatamente e con devozione, su scaffali allestiti appositamente in casa per l'evento. 
Coinvolge tutte le donne della famiglia (dalla nonna alla nipotina più piccola) e quelle ombre evocate nello haiku  possono essere i ricordi di ognuna di loro, forse anche le loro aspirazioni, in una società, come quella giapponese, schizofrenica anche per quanto riguarda la parità tra i sessi.


(w i filtri per le foto!)


Momoko Kuroda nasce nel 1938 a Tokyo.
A trent'anni, pur perfettamente inserita nella società giapponese - lavorava come pubblicitaria e caporedattrice di una rivista-  decide di mettersi in viaggio lungo tutto il Giappone alla ricerca di ciliegi nel momento esatto della loro massima fioritura (Hanami). 
Momoko nel fiore degli anni che si mette in viaggio in cerca dei ciliegi in fiore! 

In Giappone ci sono tante varietà di ciliegio ma quella veramente speciale che le interessa si chiama Yamazakura. Ogni pianta di questa specie puo' vivere centinaia d'anni e, caratteristica incredibile, invecchiando, mentre il tronco si svuota, i suoi rami continuano a fiorire stagione dopo stagione. 
Un po' come la maturità che si acquisisce via via nel tempo o  come i ricordi che lascia una persona cara che non c'è più. 

Nel 1970 Kuroda diventa allieva del maestro di haiku  Yamaguchi Seishi (1901-1994) e 
a cinquantotto anni ricomincia le sue peregrinazioni, da nord a sud, sempre alla ricerca di alberi di ciliegio. 
Ma in questa seconda fase le interesserà il momento in cui i fiori iniziano ad appassire e i petali a cadere e gli haiku che compone restituiscono magicamente questa malinconica atmosfera di distacco. 


E nel tramonto
sembra il ciliegio pendulo
abbia più fiori
.........................

Ci separiamo
ciliegio di montagna
a rivederci
........................

Di quale valle
di quale albero
danzano i petali?
........................

Per tutti i ciliegi che ha visto e letteralmente "visitato" negli anni, per i pellegrinaggi sui passi dei monaci zen suoi maestri, Momoko è chiamata haijin dei ciliegi (haijin =compositore di haiku).  
Ed è per la sua delicatezza e forza, per la sua osservazione complessa sul quotidiano e per come ha raccontato nella brevità degli haiku anche momenti di forte unione tra uomini e donne, che oggi la festeggio con voi. 

Buona festa a tutti! 


(Hinamatsuri. Istituto Giapponese di Cultura di Roma)  




In Italia è pubblicata una raccolta di Momoko Kuroda dal titolo "Un albero un'erba e fiori di ciliegio" edizioni Empirìa.






venerdì 4 settembre 2015

Albero

Ciliegio in un vaso.
Raccolgo un ramo
tra i fiori caduti
(Kawahigashi Hekigodo 1873-1937)

Oggi pianto il mio ciliegio in un vaso per il professor Khaled al-Asaad che era devoto a ogni pietra di quel lontano sito archeologico dal nome bellissimo e dolce di Palmira. 

Lo faccio in attesa della cerimonia in memoria dell'archeologo siriano che si terrà prossimamente a Milano, presso il Giardino dei Giusti.  Lo faccio a mio modo, con un haiku di Hekigodo che vi invio da Matera, luogo prezioso per i suoi siti archeologici e caro a chi lo visita.



(Patrimoni dell'umanità)



NOTA per gli ascoltatori di Radio3
In occasione del Materadio, il festival radiofonico a Matera del 4, 5 e 6 settembre, l'idea di piantare un albero in memoria di Khaled al Asaad, fiorirà. Stay tuned!

lunedì 15 settembre 2014

Miss Italia e MOMOKO KURODA

Per questa festa
dispongono le bambole
- ombre sul muro
(Momoko Kuroda 1938)


No. Ci siete cascati! Non sparerò su "Miss Italia", manifestazione che nonostante i suoi settantacinque anni imperversa come Sophia Loren. Non mi soffermerò su quelle lacrime o sugli annuali consigli di madrine del botox. Vi dirò, non mi sento neanche oltraggiata come donna, usata o strumentalizzata. Non mi interessa. Vi ripropongo questo haiku che, come kigo,  ha  le "bambole" dello hinamatsuri (qui) per poter parlare anche io di bellezza femminile. Anzi, vi parlerò proprio della mia miss di riferimento.


(Momoko Kuroda Un albero un'erba e fiori di ciliegio Ed.Empiria)

Momoko Kuroda nasce nel 1938 a Tokyo. A trent'anni, pur perfettamente inserita nella società giapponese - lavorava come pubblicitaria e caporedattrice di una rivista-  decide di mettersi in viaggio lungo tutto il Giappone alla ricerca di ciliegi nel momento esatto della loro massima fioritura (Hanami). Momoko nel fiore degli anni che si mette in viaggio in cerca dei ciliegi in fiore! In Giappone ci sono tante varietà di ciliegio ma quella veramente speciale che le interessa si chiama Yamazakura. Ogni pianta di questa specie puo' vivere centinaia d'anni e, caratteristica incredibile, invecchiando, mentre il tronco si svuota, i suoi rami continuano a fiorire stagione dopo stagione.
Un po' come la maturità che si acquisisce via via nel tempo o come il ricordo che lascia una persona cara che non c'è più.

Nel 1970 Kuroda diventa allieva del maestro di haiku  Yamaguchi Seishi (1901-1994) e
a cinquantotto anni ricomincia le sue peregrinazioni, da nord a sud, sempre alla ricerca delle piante amate sul cammino che fu di Basho. 
Per tutti i ciliegi che ha visto e letteralmente "visitato" negli anni, per i pellegrinaggi sui passi dei monaci zen suoi maestri, Momoko è chiamata haijin dei ciliegi (haijin =compositore di haiku).
Ma in questa seconda fase le interesserà il momento in cui i fiori iniziano ad appassire e i petali a cadere e gli haiku che compone restituiscono magicamente questa malinconica atmosfera di distacco.



Alle soglie della vecchiaia, Kuroda si rivolge ai fiori che stanno appassendo e vi ci rispecchia:


Volano i fiori
In cielo - ho cinquant'anni
son forse triste?
.......................

E nel tramonto
sembra il ciliegio pendulo
abbia più fiori

........................
Di quale valle
di quale albero
danzano i petali?

........................



Ed è per la sua delicatezza e forza, per la sua osservazione complessa sul quotidiano e per come ha raccontato, nella brevità degli haiku, tradizione e contemporaneità, e soprattutto momenti di forte unione tra uomini e donne (leggi QUESTO), che oggi la eleggo.

Signore e Signori, la "più bella" è: Momoko Kurodaaaaaaa!!!

mercoledì 17 dicembre 2014

All'inizio

All'inizio del nuovo giorno
foglie d'albero
che cadono
(Hosha 1885-1954)



"Abbiamo scelto con attenzione l’obiettivo da colpire con il nostro attentato. Il governo sta prendendo di mira le nostre famiglie e le nostre donne. Vogliamo che provino lo stesso dolore" ha detto il portavoce del movimento Mohammed Umar Khorasani.

141 morti - oltre 100 sono bambini e ragazzi tra i 10 e i 20 anni - e 144 feriti il bilancio provvisorio dell'attacco di ieri a Peshawar in Pakistan.
Giovani "foglie d'albero che cadono".


(Roma. Obiettivo sensibile sotto casa mia)