mercoledì 18 giugno 2014

Albero Saramago

Sotto un albero gigante
io e il cane 
inzuppati 
(Santoka 1882-1940)


A quattro anni dalla sua scomparsa dedico al grande scrittore portoghese questo haiku di Taneda Santoka (tags) che vede protagonista "un albero gigante" come nume tutelare e protettivo.
Figlio e nipote di agricoltori José Saramago scrisse, in occasione di un progetto Greenpeace, queste righe:

Sono nipote di un uomo che, presentendo che la morte lo attendeva all'ospedale dove lo stavano portando, scese nell'orto e andò a dire addio agli alberi che aveva piantato e curato, piangendo e abbracciando ognuno di essi, come se di esseri amati si fosse trattato. Quell'uomo era un semplice pastore, un contadino analfabeta, non un intellettuale, non un artista, non una persona colta e sofisticata che decideva di lasciare questo mondo con un grande gesto che la posterità avesse ricordato. Si sarebbe detto che stava salutando ciò che fino a quel momento era stato di sua proprietà, ma di sua proprietà  erano anche gli animali che davano da vivere ma lui non andò da loro a salutarli. Si accomiatò dalla famiglia e dagli alberi come se fosse stato per lui tutto la sua famiglia.


José Saramago mi si rivelò con la sconvolgente invettiva in forma romanzo "Cecità" ma a me qui piace ricordarne la coerenza politica e soprattutto la sue prese di posizione solitarie, impopolari e libere.



(Grandioso larice di periferia in Via Tor de Schiavi a Roma. Nulla da invidiare a quelli pariolini)


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