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venerdì 25 ottobre 2019

Elogio di Volpe 8


Immagino la foresta di questo momento di mezzanotte:
altro è vivo
oltre la solitudine dell’orologio
e questa pagina bianca dove si muovono le mie dita.

Attraverso la finestra non vedo stelle:
qualcosa più vicino
sebbene sia più profonda entro l’oscurità
sta penetrando la solitudine:

freddo, delicatamente come la neve scura,
il naso di una volpe tocca un ramoscello, una foglia;
due occhi servono un movimento che adesso
e ancora adesso e adesso e adesso

depone chiare tracce sulla neve
tra gli alberi, e cautamente un’ombra
storpia si trascina tra ceppi e nell’incavo
di un corpo che ha l’audacia di giungere

attraverso radure, un occhio,
un verde fondo e dilatato,
brillante e concentrato,
che se ne viene per i fatti suoi
sino a che, con improvviso acuto caldo puzzo di volpe
non penetri la buca nera della testa.
Ancora senza stelle è la finestra; batte l’orologio,
la pagina è tracciata.
("Pensiero-volpe" di Ted Hughes)


La vita come la poesia e la poesia come la vita, ci dice Ted Hughes in questi versi famosi che sembrano parlarci della sua poetica. Con parole chiare, meno esoteriche del solito cerca quasi di fare luce tra le nubi: la Natura come faro luminoso sull'esistenza.

Sarà che ci sono dentro in questo periodo, dentro le parole di Hughes intendo, così, quando ho letto Volpe 8 di George Saunders, non ho potuto non declinarle alla favoletta dello scrittore americano. Questo è l'incipit, è Volpe 8 che ci scrive una lettera:

Caro L'ettore
prima vorrei dire, scusa perle parole che scrivo male. Perché sono una volpe! Cuindi non scrivo propio perfetto. Maecco comò in parato ha parlare e scrivere bene così! 

Volpe 8 è il nome della bestiola, un individuo dentro il gruppo infinito delle esistenze e che si fa portavoce di un sogno semplice: convivere tutti pacificamente. In un brevissimo saggio, anni fa, Saunders faceva un dichiarato elogio della gentilezza in forma di lezione agli studenti, e nel meraviglioso Lincoln del Bardo Bardo (a proposito di Bardo, anche Ted Hughes si interessò al Libro Tibetano dei morti traendone spunto per una sua raccolta) della tenerezza. La "bontà" e la "gentilezza", argomenti poco di moda nel nostro habitat, basta uscire di casa, o anche rimanerci dentro se contiamo gli odiatori on line, che l'essere buoni sembra un'attitudine per vecchi fricchettoni, per radical chic dal sentire mistico che al massimo fanno yoga in palestra. 
Cercare la bontà, riconoscerla nel più banale degli incontri o addirittura nel ciclo stesso di vita e morte, privilegiandola sugli egoismi è la piccola grande rivelazione. Saunders indica lo spiraglio da cui guardare l'infinito e la lezione morale di questa sua favoletta offre un vaccino contro gli haters che affligono noi Humani. 

Lo volete voi Humani un consilio da una semplicie Volpe? tanto ormai lo so, che ha voi Humani piaciono le Storie allieto fine. Se volete le Storie allieto fine, provate a essere più gientili.    


(Volpe8 = infinito) 

venerdì 23 maggio 2014

Elogio della gentilezza

Anche noi pidocchi
andiamo a vedere
i ciliegi in fiore
(Issa 1763-1827)

Senza arrivare alle vette dei poeti zen che frequento nel Dailyhaiku che della gentilezza hanno fatto espressione religiosa e artistica e anche ammettendo, a orecchie basse, che mi sento molto più vicina a chi schiaccia i pidocchi che a Issa che ci si immedesima...desidero comunque fare oggi un elogio della gentilezza.

Chiedo aiuto a uno scrittore contemporaneo, George Saunders, perfettamente inserito nella società occidentale e quindi a noi più vicino dei pellegrini erranti nel Giappone antico.
Leggete cosa dice ai suoi studenti universitari in una lezione di circa un anno fa: 
(George Saunders L'egoismo è inutile. Elogio della gentilezza  Ed. minimum fax + occhiali miei)

Non la trovate anche voi un'indicazione un po' più utile, a proposito di insegnanti d'eccezione, di quel "Stay hungry, stay foolish" (Siate affamati, siate folli) pronunciato nel leggendario discorso ai neo laureati di Stanford da Steve Jobs?
Un consiglio, quello di Saunders, meno aggressivo dell'incitazione del geniale inventore della Apple e più umanamente praticabile rispetto all'empatia cosmica del sublime Issa.

Con l'augurio di "abbondare in gentilezza", buona giornata!













mercoledì 13 settembre 2017

Leggendo e vivendo


Nel loro profondo appartamento
Nessuna oscenità può insinuarsi
Indisturbata questa dimora
Da chiunque tranne Dio -


Sono scossa dalla notizia del piccolo Alessio, di soli sette anni, che il fato ha voluto assistesse alla morte dei suoi genitori e del fratellino, tutti scivolati nella bocca di un cratere vulcanico a Pozzuoli. Inquadro mentalmente la sua immagine, dura un istante dolorosissimo, mentre la radio trasmette la testimonianza del passante accorso, qualcuno che lo ha raccolto e ne ha ascoltato il racconto abbacinato. La favola dell'orco cattivo che galleggia ancora nella sua testa piccola, conoscere la morte a sette anni (notizia QUI).
O quel nonno che si è tuffato nel fango per salvare i suoi cari a Livorno, per loro una stessa fine lancinante, l'epilogo della medesima favola nera.
Vite perse, shock. Fine. The end.

Sto leggendo "Lincoln nel Bardo" e lo faccio nella mia vita chiara, solare, quella alla luce del giorno, quella lavorativa, quella che lotta per allontanare i fumi delle angosce. (Di George Saunders ricordavo un elogio alla gentilezza che mi colpì tanto e non escludo che mi abbia fatto cambiare un po'. No, non lo escludo affatto)
Lo dico senza preamboli, è un romanzo che parla di morte. Quel momento ultimo tra lì e qui che l'autore letteralmente fa parlare con la voce di chi lo sta vivendo (è il caso di dirlo "vivendo"?). Una collana di dolcissime testimonianze per un romanzo che non è certo romanzo nella forma classica e il cui autore cerca "qualcosa", il mio genere preferito di autori e di storie. 
Un romanzo che sembra la vita stessa che è capace di riservare agli esseri umani un andamento poco prevedibile o un epilogo incredibile meta delle tante strade percorse che, fatalmente, proprio "lì" avrebbero condotto.