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lunedì 30 novembre 2015

Radio3

Nebbie della sera.
Assorto il pensiero indugia
sui ricordi indistinti di un tempo
(Takai Kito 1741-1789)



In questi giorni così difficili, così nebbiosi e angoscianti.


Susanna, mi piacerebbe conoscere di più sui dietro le quinte di Radio3, mi scrive qualcuno tra i commenti su FB... 
Ma come raccontare il mio lavoro senza retorica, piaggerie, senza toni mielosi e sapienziali? Non capivo quale fosse il tono giusto fino a quando non ho partecipato alla serata del 25 novembre scorso, lo speciale radiofonico dall'Accademia di Francia che mi ha offerto, oltre alle suggestioni letterarie e all'emozione dell'evento, anche un modo per farvi avere un'idea di quello che facciamo prima, dopo e durante un programma.
La serata che vi dicevo, come sa chi ascolta Radio3, in sintesi "haikuesca", è nata in poche parole sull'urgenza di fronteggiare un kalashnikov con le armi della cultura.
Forti dell'ashtag #piuculturamenopaura, abbiamo chiesto a una decina di scrittori italiani di leggere in diretta una pagina che dialogasse con i fatti di Parigi. Che fosse stata scritta per l'occasione, appartenesse a un classico francese o fosse di chiunque, non ci importava. L'importante era essere lì, insieme, con un microfono davanti e un pensiero su cui riflettere.
La redazione musicale ha pensato a un pianista che avrebbe suonato Debussy - borsista dell'Accademia di Francia, tra l'altro - alcuni di noi si sono occupati degli aspetti organizzativi come gli inviti, la sicurezza e i rapporti con chi ci avrebbe ospitati. Alcuni hanno individuato gli scrittori, alcuni li hanno chiamati. Il regista ha iniziato all'alba e "staccato" dopo dodici ore. Alcuni di noi hanno partecipato da casa ascoltando la serata alla radio, altri hanno twittato e seguito in streaming, altri colleghi, confondendosi con il pubblico, hanno raggiunto, in una serata di pioggia, il centro di Roma insolitamente guardingo e semivuoto.
Radio3 abbracciava dieci scrittori che vivono di idee e della loro scrittura e che, ognuno a suo modo, si rappresentava nelle pagine di qualcun altro trovando parole "altre" per raccontare di emarginazione, disagio sociale, angoscia, lutto. Insieme per raccontare Parigi, le colonie, l'Europa con le sue banlieue. 
E intanto, intorno, si sentiva forte l'abbraccio degli ascoltatori.

Fin qui quello che è stato e che potete riascoltare in podcast. Fin qui quello che si vede negli album di foto sul sito o sui nostri profili social. Fin qui, sapete tutto. Emozione compresa, che so per certo non essere di solito quantificata nei sondaggi di gradimento.

Ora vorrei cercare di spostarmi alle spalle di questo progetto, alla sua nascita, che mi piace chiamare "collettiva", avvenuta a Perugia un paio di settimane prima. 
Eravamo insieme, quel venerdì 13 novembre, a mandare in onda ore di diretta per il festival radiofonico e ci siamo ritrovati a fare i conti con quello che stava accadendo. La tragedia ci riguardava e ci toccava tutti, e si infrangeva sui nostri pensieri e sulle nostre scalette da cambiare e che via via perdevano di senso.
La serata del 25 all'Accademia di Francia è in qualche modo nata in quel preciso momento di caos esistenziale e lavorativo. Si è generata da sola ma collettivamente, mettendo insieme idee ed energie, gli attacchi di influenza con i traslochi e i casini personali. Unendo chi era a Perugia con chi lavorava da Roma
Ci vuole tanto lavoro per fare una cosa semplice che sembra nascere da sola, di sicuro ci vogliono un'agenda ricca di nomi e tanta credibilità (ma questo è l'aspetto "evidente").
C'è un aspetto più profondo a cui penso. Un "qualcosa" che, chi lavora a Radio3, percepisce bene e, come me, non sa come chiamare senza sembrare retorico, elitario o peggio ancora aziendalista o snob. Qualcosa che si è costruito in anni di programmazione. In anni di scazzi, frustrazioni e malmostosità comuni a tutti gli ambienti lavorativi, per esempio. Frutto di confronti faticosi e soluzioni luminose. E anche di compleanni nelle redazioni, di pause-caffè di battute e confidenze, di cose tristi e di scherzi memorabili come una scatola di cartone in mezzo allo studio che durante una diretta si muove "da sola" mettendo a dura prova il sangue freddo e la serietà del conduttore. 
Questi momenti, uno dopo l'altro, fanno un progetto comune e poi un programma di Radio3 come quello che è andato "da solo" in onda. 

Ho visto tutto questo dietro le quinte e così ve l'ho raccontato.   


(dietro le quinte)