martedì 7 novembre 2017

Buone notizie


Nel cavo di una pietra l'acqua gela.
Torna novembre e il maltempo rimena.
Di nuovo piogge: e le scarpe di Emma
a vincerle; di nuovo tramontana
- ma tenace, a barriera, il suo calore.
Gelida è la serata, è morto il sole,
cristallo il cielo, via sghemba fra i tetti:
così sereno mi addormento anch'io,
ringraziando il mio Dio, che, di sui tetti,
invita lungo il lucido sentiero
l'angelo che consola.
("Ripristinando indumenti invernali" di Alessandro Fo)


Sono giorni bigi, di piogge e di governi siciliani. Di confronti tv, di Ostia nera e pure di qualche preoccupazione familiare.
E così, lo faccio. 
Clicco il lancio dell'inserto del Corriere della Sera "Buone notizie" per cercare qualcosa di positivo, qualcosa che mi ricarichi la molla che ho dietro la schiena, qualcosa che mi faccia tornare la voglia di cantare in motorino anche oggi, sotto la pioggia. Sì, andrebbe benissimo anche una canzone di Tiziano Ferro, che vedo come protagonista assoluto del lancio dell'inserto, latore della "buona notizia" tutta per noi. (QUI)
Leggo? Leggo.
Leggo che che Tiziano Ferro era depresso e la musica e Dio l'hanno salvato. Anzi tra arte e fede mette "al primo posto? La misericordia".
E così, se questo è il rosa, torno al grigio della finestra con novembre e il maltempo che rimena
Non certo per lui, povero divo del pop dal sorriso triste, ma per come siamo messi. 


(Rosa relativo)






venerdì 3 novembre 2017

Detestabili resti


Resti.
Il vento d'autunno
passa nelle narici
(Iida Dakotsu 1885-1962)


Ieri sera Maurizio Costanzo ha intervistato Silvio Berlusconi. In tv. Su Mediaset.
Ancora.
Di colpo hanno ringiovanito l'Italia, regalandole trentanni che non sembravano essere passati affatto, ieri, in diretta, su quella tv uguale a se stessa.
E così, tutti avevamo trentanni di meno, nella sera d'autunno di ieri. La pelle meno segnata, il corpo più tonico, una pettinatura diversa. Gli occhi più trasparenti che avevano visto meno cose.
Io sono andata a dormire subito dopo. Mi aspetta un esame di storia dell'arte - poi avrei cambiato idea ma ieri sera non lo sapevo ancora -  la materia che ho scelto per la mia tesi.  
Mi aspettavano un trenta e tanto altro.

(vecchio compleanno)





  


giovedì 2 novembre 2017

Feste e saké


Essendo ancora vivo,
vengo rimproverato
dai creditori!
(Shiki 1867-1902)


Ma povero Shiki, che mette il suo pezzetto di misera quotidianità dentro tre righe! 
Passare dal cosmo al dettaglio in un colpo è tipico dell'haiku e così, approfittando della suggestione della festa dedicata ai santi appena trascorsa, desidero festeggiare i miei poeti giapponesi individuando per ognuno di loro quello che nell'iconografia dei santi viene definito "attributo". Come per il giglio di s.Antonio, lo strumento musicale di s.Cecilia, come per gli occhi sul piatto di Lucia, ecco un elenchetto di oggetti che identificherebbero immediatamente in un dipinto, un elemento biografico caratteristico dei miei "non santi".
Qui non ci sono miracoli, né messe. E' il loro cammino esistenziale, poetico e soprattutto spirituale, nelle cose di tutti i giorni, il rito che tocca anche me, quaggiù.
Per Shiki scelgo i caki più maturi e dorati, frutto di cui era ghiotto e a cui dedicò l'ultimo haiku prima di morire e per Issa una tazza di tè, questo il significato del suo nome, simbolo di armonia con la natura. 
I fiori di ciliegio, i più rosa, per Momoko Kuroda, poetessa a noi contemporanea che un giorno mollò il suo lavoro di pubblicitaria per mettersi sulle tracce delle fioriture stagionali seguendo l'esempio di Bashō. 
Per il maestro dei maestri, vissuto a metà del diciassettesimo secolo e viaggiatore instancabile, uomo dallo scatto fulmineo che pare fosse stato un ninja, proprio un bashō (banano), ovvero l'albero che scelse per rappresentarsi nella sua vita di monaco zen. Una creatura stabile e che di certo non se ne va in giro di qua di là come al contrario Matsuo Bashō adorava fare.
Per il dolce Yosa Buson una tavolozza, per l'acido Akutagawa un fazzoletto per il naso, per Kaneko Tōta una bomba atomica, per Ryōkan un cuore da innamorato di quelli con la freccia che lo trafigge. 
Per Santōka, inutile dirlo, una bottiglia di sakè. E dei migliori.

(calendario)



martedì 31 ottobre 2017

Halloween, David Hockney ed io


........e come rimonterai gli strapiombi
della       della tua tomba
tu ormai verso i -273
tutta arsa dal transfert per ghiaccio e guano?
Una testa di cane ti abbaia, morta, il momento d'oro;
un cane bastardo rotea fiuta adocchia
e alza la gamba al cippo del tuo memento.
Adoralo, orsù,
dei cari gatti dimentica la tribù.
("Feria sexta in parasceve" di Andrea Zanzotto)


Pare che il tramonto di domenica scorsa sia stato il tramonto dei tramonti, non so in quanti l'abbiano fotografato e condiviso. Uno spettacolo social ricavato dal mix di vento (il fhön), rare nubi lenticolari e un bel tot di polveri sottili. Dalla finestra, il sole calava dietro il nespolo fiorito a fine ottobre. Avvolta in questo velluto rosso pop, un tantino preoccupata, pensavo a cose senza nesso l'una con l'altra e su tutte una, cosa mi comprerei se fossi ricchissima, non esattamente un pensiero romantico da tramonto ma tant'è. Cosa mi comprerei se fossi ricca.
Un quadro di David Hockney.
Uno di quelli con la piscina, i riflessi sull'acqua turchese che saettano sul rosa delle figure. La luce definitiva, post atomica, ma non importa più a nessuno, laggiù, il trampolino che disegna un'ombra netta sul bordo della vasca, le tessere delle mattonelle ocra.
Il tuffo già fatto, il sesso consumato, il drink già bevuto, il vetro della finestra della villa fuxia ben lucidato. So che dentro c'è il tavolo, arancione, con una fruttiera di banane e limoni gialli e un peperone rosso. Siamo seduti insieme, i padroni di casa ed io, noi tre. Immobili. In secondo piano, due palme tra una verzura senza vento arredano il parco.
Il "mio" quadro di Hockney. 
Un pensiero tra i tanti quando il nord Italia brucia a fine ottobre e quando il Tevere è ancora in secca e il cielo su di noi sembra di stoffa. 

(Dolcetto o scherzetto?)

venerdì 27 ottobre 2017

Linee, confini e inni condominiali


Adoro i pregiudizi, i luoghi comuni
mi piace pensare che in Olanda
ci siano sempre ragazze con gli zoccoli
che a Napoli si suoni il mandolino
che tu mi aspetti un po' in ansia
quando cambio tra Lambrate e Garibaldi
("Linea lombarda" di Luciano Erba)



Ieri mattina, il mio condominio, si è dichiarato indipendente dal resto della strada che di par suo aveva già rivendicato pochi giorni fa la sua autonomia rispetto al quartiere, il quale, anch'esso, da poco tempo, si era staccato dalla città a cui apparteneva e che, a sua volta, si rese autonoma dalla regione italiana di cui era capoluogo che non voleva essere più chiamata così, "italiana", perché uno si sente italiano solo quando c'è da parlare di "migranti-che-ci-rubano-il-lavoro-a-noi-italiani" mica sempre, mica tutti i giorni uno può dirsi italiano, no?  
E così, stamattina, il popolo del civico 12 è sceso nel cortile - ben protetto da telecamere e filo spinato - e, mano sul cuore, sento che canta in coro l'inno condominiale composto dal signor Berti del secondo piano, docente di educazione musicale, in pensione dello stato italiano. 
Le note si alzano in cielo, mentre l'Italia esce dall'Europa che esce dall'Europa che esce dal continente che esce dal mondo.
Un acuto più alto degli altri quello della signora Giannetti della scala B, molestata da Weinstein circa venti anni fa, fende l'aria di una giornata perfetta. 


(Un giorno qualsiasi)










giovedì 26 ottobre 2017

L'editor samurai


La guardia medica
si risveglia sonnolenta
e colpisce la mosca
(Shiki 1867-1902)


So che Severino Cesari, uno dei più grandi editor ed esperti di editoria, amava gli haiku da un suo messaggino che mi ha fatto fare qualche piroetta di gioia, e per giorni, e che mi sorprese qualche mese fa.
Se dovessi pensarlo come un poeta di haiku, Cesari lo paragonerei al monaco-samurai Shiki, l'haijin che praticava lo zen e conosceva le arti marziali. Pensandoci ora, i suoi post avevano molte affinità con il mondo del maestro zen vissuto alla fine del diciannovesimo secolo; la forza d'animo - anche Shiki era molto malato -, la grande cultura e raffinatezza intellettuale, le intuizioni letterarie (è di Shiki l'invenzione dello haiku moderno), la forma breve e la descrizione di uno stato d'animo attraverso qualcos'altro (un frutto, una stagione, un raggio di sole). E infine la condivisione, tipica dei maestri.
Nel micro cosmo di un haiku di Shiki potevano trovare luogo un vasetto con un fiore, il sole alla finestra, i kaki amatissimi, le medicine, il paravento colorato. Tutti personaggi di un mondo sempre più piccolo e sempre più amato.
Come il pino Achille, l'amico albero con cui Severino dialogava e di cui ci raccontava quando era ricoverato in ospedale.
L'ultimo post si chiude con un po' di ottobre dentro, il mese della dolcezza e dei colori caldi. 
Il suo kigo per salutarci.


(RIP)







venerdì 20 ottobre 2017

Stili di vita


M'illumino
d'immenso
("Mattina" di Giuseppe Ungaretti)


Ungaretti amava a tal punto il Cilento da dedicare alcune prose sui suoi taccuini di viaggio a questa terra dolce e romitaGooglando come ho fatto, troverete, qui e lì nella rete, questi sprazzi di colore ungarettiano; un piccolo villaggio marinaro “ad arginare il mare”, “rocce rugginose”, “subito dopo […] un monte mosso da una strada come da una saetta” , “ulivi, sempre ulivi!” con “un alone di luce intorno alle foglie, come i santi”.

Colgo la notizia (QUI) che riguarda l'inedito scambio culturale tra Lund, in Svezia, e Acciaroli. Alcuni ricercatori svedesi stanno difatti cercando di capire come mai, nel piccolo piccolo comune cilentano, si viva così bene. Per la loro indagine, hanno deciso anche un soggiorno di circa tre mesi, per capire da vicino usi, costumi, panorami, aria, tipo di dieta...   

M'illumino! E sulla falsa riga degli svedesi, propongo altri scambi culturali.
Tre mesi per Donald e Ivanka Trump a casa di Pepe Mujica, con lui dentro che illustra agli ospiti americani come si piantano le patate nell'orto, come si cucina un ottimo pranzo con gli avanzi e come si guarda il cielo la sera. In silenzio, pensando al resto degli esseri umani che popolano questo pianeta. 
Tre mesi, ma di scambio casa, tra famiglie padane leghiste con famiglie nigeriane disponibili ad accoglierle "a casa loro". 
Un periodo anche più breve, basterebbe un mesetto, in un qualsiasi ospedale africano per  un gruppo, nutrito, di ultras.
Altri tre mesi ai leader delle destre europee in luoghi a scelta: un convento buddista o una ong in Kenya (va bene qualsiasi altro luogo purché bombardato dalla disperazione) o a distribuire pasti caldi ai diseredati in una stazione ferroviaria del mondo. Ma che sia di notte, quando la solitudine prende alla gola.  


(Cilento rugginoso)