lunedì 13 febbraio 2017

Denti

Ha i capelli bianchi 
li pettina di rado
ha i denti storti
e indossa ampie tute informi
su un corpo che molte
donne vorrebbero avere.
(Charles Bukowski "Per la vecchia denti-storti")


In questa eccentrica dichiarazione d'amore alla madre della sua unica figlia, Bukowski racconta di zucchero messo fuori per le formiche e di vite di sicuro più eccitanti, più belle e originali di quella vissuta dalla protagonista. E di denti

Schiudi la bocca ed ecco il tuo identikit, chi sei, da dove vieni, quanti anni hai e quanto fatichi, quante privazioni hai sopportato fin qui. 

Sui denti ha lavorato anche un gruppo di stu-denti (!) dell'Istituto Ettore Majorana di Torino inventando lo spazzolino con dentifricio incorporato. Lo hanno chiamato "Tur'n'smile", giri la rotellina del supporto dello spazzolino e sorridi, perché la pasta uscirà direttamente dalla setole (leggi QUI)
Sorrido anche io, io che odio lavarmi i denti soprattutto la sera prima di andare a dormire.
Questa cosa che gli zuccheri si attaccano alla dentina, che i denti si bucano se non li lavi e che quel buon gusto di cioccolatino lo devi cancellare velocemente riempiendoti la bocca di stupido mentolo, non mi è mai andata giù. E poi sono pure trentadue e pure piccoli e da lavare due, anche tre volte al giorno. 
(Era molto meglio una gengiva con uno solo, sopra, e un altro su quella di sotto. Molto meglio. E poi un kit fai da te di montaggio e smontaggio in caso di usura. Utile e low cost, no? Ma nessuno sembra interessato alla mia idea.)



(quasi Tartaro)






sabato 11 febbraio 2017

Militanze a tavola

Cibo mangiato completamente -
erbacce  
in piena fioritura
(Santōka 1882-1940)


"Prego, signora. E buon appetito!"
"Grazie"
Dopo una giornata intera in giro e senza avere messo sotto i denti nulla di sostanzioso, in classica modalità Poldo Sbaffini, - non avevo la bombetta in testa ma con gli occhi socchiusi e naso vibrante appresso al profumino sì, ero proprio Poldo - scuoto il tovagliolo per adagiarmelo, finalmente, sulle ginocchia.
L'oste, un tipo alternativo dalla faccia furba, mi sciorina il menù che, a sua detta, è "tacitamente vegano". Se avesse scritto nero su bianco quella parola, ve-ga-no, "addio clienti!", aggiunge scuotendo la coda grigia, canuto vessillo di qualcosa volato nel vento come la canzone.
Nudismi, crudismi, naturismi... penso mentre con i rebbi della forchetta taglio in due la lasagnetta alle ortiche. Il burger di quinoa era ancora lì da venire appositamente contornato - ormai poldo e il suo fumetto era scomparso del tutto - da un colloso tortino di patate e lenticchie.
Deglutisco e penso agli ismi dell'occidente, risposta agli ismi terroristici. Prego l'unico bio in cui crede gran parte di una popolazione sobria e pacificata (ho detto pacificata e non pacifica), in nome del quale spesso siamo capaci di tutto. Mi sfilano di nuovo davanti agli occhi post con video sanguinolenti, le tabelle in versione GIF che si animano allegre con le percentuali del tasso di mortalità procurato dalla scaloppina, conto le calorie che, con micro canini acuminati, azzannano le mie cosce dopo il test sui carboidrati. 

Eccovi la civiltà del salutismo ipocondriaco, quello delle bacche di goji, delle sette mandorle al giorno, dei due litri d'acqua, dei semini, dell'aloe e dei vaccini che fanno male ai bambini. Pensavo. Eccoci dentro una nuova militanza, pacificamente armata, efferata, apodittica e apocalittica, dispensatrice di giusto e di sbagliato come sale o pepe. Eccoci a tavola, a parlare di cibo e di poco altro, sicuri, chi su una sponda chi sull'altra, delle proprie scelte, chiusi in micro ecosistemi elettrificati da mille certezze, sempre meno disposti all'ascolto.
Pensavo...

Quando, nel piatto, appare lei, secca polpetta al cacao e pere, farinosa al tatto e al gusto, presentatami con un festoso "ecco il dessert" - è sempre l'oste caudato - insieme al conto. 
Io so cos'è un dolce al cioccolato e pere. Lo so, e bene. E' morbido, meraviglioso, caspita, lo so cosa significa, oste caudato!
Ma non ho detto nulla. 
La notte ho fatto un sogno bellissimo. C'erano fragole rossissime e gigantesche e che venivano dalla Cina, mais al neon, fagioli made in Hungaria e braciole low cost, e mi sono svegliata guru dello "scatolismo". Sì. E' stato quel coso chiamato dolce (NON chiamateli dolci se non ci sono uova e latte, per piacere!) a rendermi, in un attimo, leader, fondatrice e unica seguace, di un movimento alternativo agli alternativi."Invoco, io dello scatolismo, la possibilità di poter mangiare qualcosa al volo aprendo, per esempio, una scatoletta di tonno, versarmi i fagioli borlotti direttamente nella scodella ed essere felice. Aprirne un'altra per farmi un sugo, magari un ragù, senza essere guardata storto. Impilare su quella dei ceci un paio di mais. Vicino, disporre, in santa pace, il barattolino di acciughe, il tubetto di maionese per il pollo arrosto da comprare all'angolo così non si raffredda. Farmi un Mac con le patatine fritte, ogni tanto, senza sentirmi una terrorista.
Ho anche una tessera punti, quella per i bollini da attaccarci su,  e spero di vincere presto la sedia a sdraio. Quella lì, vicino alla casa numero otto. Se aggiungo tre euro mi porto via anche la borsa frigo. E sono felice."


(Occidente)







    

venerdì 10 febbraio 2017

Stadio finale


Sui gradini un manipolo sparuto
si riscaldava di se stesso.
E quando
- smisurata raggiera - il sole spense
dietro una casa il suo barbaglio, il campo
schiarì il presentimento della notte.
Correvano sue e giù le maglie rosse,
le maglie bianche, in una luce d’una
strana iridata trasparenza. Il vento
deviava il pallone, la Fortuna
si rimetteva agli occhi la benda.
Piaceva
essere così pochi intirizziti
uniti,
come ultimi uomini su un monte,
a guardare di là l’ultima gara.
(Umberto Saba "Tredicesima partita")



Nonostante la mia indifferenza totale al calcio - danari e razzismo annessi - ho una mia ideuzza sulla questione sì/no nuovo stadio a Roma. 
Dove farlo? Quanto costa? Quanto cemento? Con che criteri? Queste, le domande tra le "quiete" stanze del Campidoglio (leggi notizia QUI)
E facciamolo questo nuovo stadio, ma facciamone uno nuovo di zecca che finalmente risponda ai criteri contemporanei degni di una tifoseria moderna e all'avanguardia come la nostra!
Qui propongo due o tre migliorie.
Ben insonorizzato e dotato di sedili con catena a cui legare il tifoso. 
E di una ciotola, per permettere a tutti di sgranocchiare i resti dell'avversario a fine partita.  
In tribuna, agganciata allo schienale davanti, una fionda, a disposizione, per risolvere direttamente all'interno della moderna struttura le possibili piccole schermaglie che dovessero presentarsi durante l'incontro.

Ed io qui, come l'ultimo uomo sul monte, a guardare di là l’ultima gara.


(stadio vecchio)

  

giovedì 9 febbraio 2017

Ciak Rigopiano


Da questa artificiosa terra-carne
esili acuminati sensi
e sussulti e silenzi,
da questa bava di vicende  
- soli che urtarono fili di ciglia
ariste appena sfrangiate pei colli-
da questo lungo attimo
inghiottito da nevi, inghiottito dal vento,
da tutto questo che non fu
primavera non luglio non autunno
ma solo egro spiraglio
ma solo psiche,
da tutto questo che non è nulla
ed è tutto ciò ch’io sono:
tale la verità geme a se stessa,
si vuole pomo che gonfia ed infradicia.
Chiarore acido che tessi
i bruciori d’inferno
degli atomi e il conato
torbido d’alghe e vermi,
chiarore-uovo
che nel morente muco fai parole
e amori
(Andrea Zanzotto "Esistere psichicamente", da Vocativo) 


Visse a lungo, Andrea Zanzotto. Ebbi modo di telefonargli, ogni tanto, per chiedergli un intervento in trasmissione, una sua qualche impressione su quanto succedeva intorno... Ero sempre intimidita, impacciata da tutta quella intelligenza all'altro capo del filo, ma mi piaceva farla io, quella telefonata difficile. Immaginavo ogni volta che lo raggiungessi su una poltrona davanti a una finestra di un condominio qualsiasi a Pieve di Soligo mentre, lui, il "poeta", guardava qualcosa che non si vede facilmente. 
Il suo paesaggio intellettuale diventava più rarefatto, sempre più criptico. Il suo sguardo registrava una natura sempre più sospesa. Inafferrabile a pupille poco allenate. 

Non ci credo quando leggo che si chiamerà "La valanga" la mini serie televisiva ispirata dalla tragedia di Rigopiano (leggi QUI). Non ci credo.
A chi ha avuto questa idea, "dedico" le parole di uno dei più grandi poeti del nostro novecento. Precisamente gli ultimi cinque versi.


("terra-carne"dentro un cipresso romano)
  

mercoledì 8 febbraio 2017

Specchio... specchio


Sono d’argento e rigoroso. Non ho preconcetti.
Quello che vedo lo ingoio all’istante
così com’è, non velato da amore o da avversione.
Non sono crudele, sono solo veritiero-
l’occhio di un piccolo dio, quadrangolare.
Passo molte ore a meditare sulla parete di fronte.
È rosa e macchiettata. La guardo da tanto tempo
che credo faccia parte del mio cuore. Ma c’è e non c’è.
Facce e buio ci separano ripetutamente. 

(Sylvia Plath da "Attraversando l'acqua) 


Con la giornata del cyberbullismo, tutti noi abbiamo segnato un'altra data nel calendario delle ricorrenze utili. Per chi si trova impaniato nella rete, sapere che esistono studi, dati ma soprattutto numeri verdi e gruppi di ascolto, è cosa importante. E, che ci si possa ribellare denunciando, è utilissimo.
Però, prima di arrivare al cyberbullismo, c'è quel gradino precedente su cui mi interessa soffermare l'attenzione ovvero la dipendenza dei nostri ragazzi che, con occhio pallato, ballano, registrano, scambiano, commentano, condividono tutto il giorno. E il coro greco degli adulti intorno. 
"Sono preoccupata!", "Vive con il telefonino!", "Ci fa pure i compiti col telefonino!", "Sta solo su YouTube!", "Non mi ascolta!", "Non è attento quando gli parlo!"
Sono adulti perennemente connessi che si chiedono come fare a staccare il figlio dall'iper-connessione. Che si chiedono come mai stia sempre appiccicato al telefonino standoci, sempre, pure loro!
Chi conosce Sylvia Plath sa quanto fanno male i suoi versi.
E' un gioco di specchi, la sua poesia. Come la vita.

Quello che vedo lo ingoio all’istante
così com’è, non velato da amore o da avversione. 


E vedere le cose come stanno, un po' di male lo fa.

(completa il tuo profilo)



martedì 7 febbraio 2017

Mi ci facci penzare...


L'acqua ve l'insegna la sete
La terra i mari senza mete
La gioia l'ansia greve
La pace le guerresche glorie
L'amore impronte di memorie
Gli uccelli la neve
(Emily Dickinson)


Qualcuno mi ha chiesto cosa penso. Cosa ne penso degli studenti universitari che ignorano la grammatica.

Cosa ne penso di insegnanti che preferiscono farsi chiamare prof e che ai racconti di Carver preferiscono la brevità di uozzapp. E di allievi che parlano solo al presente. 
E cosa ne penso della moda di fotografarli sui social, i libri, poveri set colorati che giacciono immobili visto che nessuno li aprirà mai dato che in Italia tre persone su cinque non ne leggono neanche uno l'anno. E di materie liofilizzate, come i test che dovrebbero spiegarle, cosa ne penso?
Cosa ne penso.
Imparo a rispondere con Emily Dickinson, la dolcissima poetessa solitaria e sola, e dal suo sussidiario poetico, che vi ho trascritto in alto, traggo le mie risposte. 
Pochi versi per un'enciclopedia intera, vedete? Scienze, geografia, filosofia, storia, lettere. 
E c'è anche l'ora di poesia: capire la neve attraverso gli uccelli che punteggiano il bianco.
Ecco quello che penso.


(ricreazione)

   

lunedì 6 febbraio 2017

Concerti rock


Se la voce dei profeti
soffiasse
nei flauti-ossa dei bambini uccisi,
espirasse
l'aria bruciata da grida di martirio -
se costruisse un ponte
con gli spenti sospiri dei vecchi -

Orecchio degli uomini,
attento alle piccolezze,
sapresti ascoltare?
(Nelly Sachs da "Le stelle si oscurano")


Un concerto. Flauti-ossa che suonano e suonano e suonano. E come nel più nero degli incubi la sordità di un mondo che pensa solo a impedire l'ingresso a qualcuno. L'Europa azzoppata e l'America cotonata. La Brexit. Siamo dentro un grande stadio, si capisce dal clangore delle prove audio.
Ma le voci di coloro che dalla Libia vedono la costa come unico approdo per scampare a povertà, a dittature, sapresti ascoltare?

Torno ieri sera a casa dopo un paio di giorni fuori. È tardi, pesco qualcosa dal frigo e accendo la tv. In Francia, migliaia di uomini e donne esultanti affollano uno stadio fluorescente per gli effetti speciali delle luci. Lontani, guardano in alto, verso Marie Le Pen, la loro stella polare. I politici di destra come le rockstar che non ci sono più, penso, gli altoparlanti che sfondano al ritmo delle stroboscopiche, gli sguardi ipnotizzati del pubblico, tutte le teste che vanno a tempo con gli slogan, le magliette con la scritta...
Giro canale. Alcuni leghisti, grigi e più casarecci, sbraitano in coro.

Mi alzo dal divano, cerco un "fuori" qualsiasi, un po' di silenzio. 
È buio. Piove forte e l'albero che ho davanti è scrollato da raffiche di vento e i suoi rami neri emettono un fruscio sinistro. 
L'aria brucia di grida di martirio.


(Le nostre stelle)