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venerdì 12 giugno 2015

DANTE 7.5.0.

Ecco la pagina del diario di viaggio della prossima puntata, quella di domani, alle ore 18 sempre su Radio3.

Cosa c'entra il Giappone con Dante? Nulla. Eppure eppure... sarinagara, come direbbe Issa? 
Ci sono riuscita!!!
Nel mio viaggio dentro i purgatori di domani incontrerò Massimo Raveri, docente di Religioni e Filosofie dell'Asia Orientale all'Università Ca' Foscari di Venezia, in sintesi il maggiore orientalista italiano.
Raveri ha condotto per anni le sue ricerche e i suoi cammini nel Giappone più impervio, quello molto lontano dai pixel e dalla folla che attraversa l'incrocio del quartiere Shibuya a Tokyo. Ha scelto il Giappone dell'epoca di Bashō e di Santoka attirato dallo studio del misticismo estremo di alcuni monaci buddisti che, nel loro corpo sacrificato, hanno toccato l'immortalità. 

Tra le tante cose che ho imparato sul lavoro di Raveri è che l'esperienza ascetica non è da considerarsi fine a se stessa o come sottrazione dalla realtà. Lo studioso evidenza una natura politica nel gesto estremo - vivere in un eremo, darsi fuoco come un bonzo o seppellirsi vivi - sulla quale, francamente, non avevo mai riflettuto.
Scegliendo la via dell'ascesi, un mistico qualsiasi del Giappone rurale e poverissimo della fine del 1600, sceglie di rompere con lo schema imposto dal governo e compie un gesto per la comunità intera. Incarna il dissenso per tutti e diventa, dice Raveri, "corpo sociale"rappresentando fisicamente il malessere di una collettività schiacciata e la sua possibile ribellione. Diventando lui stesso dolore, e dolore tangibile, il mistico sveglia le coscienze e crea così un problema a chi detiene il potere.

Come non seguire il viaggio di Raveri? E quale viaggio è più ascetico di quello dantesco? In che modo Dante segue Virgilio verso l'illuminazione? 
Vedete come i nessi iniziano ad essere più evidenti e come le orme di Dante possono essere seguite anche da un orientalista come Raveri. E noi dietro.


(passando per i purgatori...)



mercoledì 13 febbraio 2019

Pastori sardi


Nessun aiuto
per quelli come me
vado a a camminare.
(Santōka 1882-1940)


Tra i libri che che mi hanno cambiato la vita, almeno di un po', metterei sicuramente il saggio di Massimo Raveri sull'ascetismo estremo. Leggerlo ha significato orientare diversamente il mio sguardo sulle cose, provare almeno a farlo, cimentarmi. Il senso del testo, l'autore perdonerà questa sintesi lacunosa, è l'individuazione di un aspetto meramente politico nella pratica ascetica. Cosa c'è di più inutile del darsi fuoco, pensavo prima di leggerlo, a cosa serve finire in cenere, esisterà mai un atto più fesso per la società del mummificarsi, e pure da soli (!), o del farsi seppellire vivi in qualche buco, lontano da tutto e da tutti. Mi sbagliavo, per lo studioso queste antiche pratiche di ascetismo erano manifestazioni di dissenso, dissenso allo stato puro che non coglievo. La mente dell'asceta, dice l'orientalista, è capace di inoltrarsi in itinerari mistici attraverso il dominio del corpo, rendendo queste pratiche e i loro effetti (digiuno, automummificazione, darsi fuoco) finalmente visibili. L'asceta si segnala al resto della società facendo di se stesso atto politico. Attraverso il fuoco rende visibile il dissenso, si fa dissenso e, attraverso la dispersione di sé, rinasce come simbolo. 
Ripensavo a questo leggendo dei pastori sardi che versano a litri il loro sacrificio dissipandolo in mezzo alla strada. In quei rivoli bianchi un segnale, l'urlo silenzioso per l'ingiustizia subita.


(colazione buddista)
nota
Massimo Raveri "Il corpo e il paradiso", Marsilio 1992

giovedì 9 luglio 2015

Digiuno

Chiaro di luna
Crampi
Il mio stomaco vuoto.
(Santoka 1882-1940)



Desidero dedicare questo haiku di Santoka al fatto che Ivan Scalfarotto sta facendo lo sciopero della fame, da undici giorni con oggi, affinché la sua proposta di legge sulle unioni civili venga approvata (notizia qui). Il sottosegretario del Pd lo abbiamo ogni tanto osservato, nei soliti talk televisivi, contrastare i suoi violenti interlocutori di turno con garbo e fermezza, senza quella retorica da populismo tv costruita su battute brillanti, urli e applausi "chiamati". 
Scalfarotto, dicevo, con questo suo gesto, rivolgendosi direttamente ad Alfano affinché trovi una data certa che sblocchi la legge che giace in Senato da mesi, ha scelto di porre l'attenzione sui PACS ben consapevole che andare direttamente alla questione matrimoni gay sarebbe, per ora, ancora controproducente. 
Con il suo digiuno vuole segnalare agli italiani l'urgenza di una legge che tuteli le unioni civili.

L'orientalista Massimo Raveri (QUI) ha scritto sulle pratiche dell'ascetismo estremo pagine molto istruttive che raccontano non solo della forza d'animo di chi sceglie di "immolarsi", ma anche della profonda valenza politica di questi gesti. Una scelta estrema come il digiuno, ma anche quella dei bonzi che scelgono il fuoco o degli eremiti, rende "visibile" il dolore. 
E quando si diventa "fisicamente" dolore e dissenso, tutta la comunità riesce a individuare la matrice altamente politica del gesto stesso.

Mi piace sostenere Scalfarotto, che da anni è attivo per i diritti di LGBT, e aiutare a far conoscere il suo gesto estremo che gran parte dell'informazione ha preferito ignorare. Un gesto politico di alto valore simbolico, silenzioso, ma che grida l'urgenza di una legge che salvaguardi coloro che semplicemente scelgono di vivere insieme.

A parte la prova di forza di un digiuno, prova di resistenza non violenta che ammiro moltissimo, trovo che anche la scelta di Scalfarotto, omosessuale, e che da una vita si è dedicato ai diritti di persone LGBT, di dedicarsi ai diritti di tutte le unioni civili, abbia un grande valore civile e umano. Ed è una bellissima e rara sensazione sentirsi profondamente rappresentati da un politico.
E io sono con lui in questo primo potente passo avanti in nome dei diritti civili di ognuno di noi a prescindere dall'orientamento sessuale.

Ricordate questo post e questa storia d'amore? Clicca QUI.

(Un altro giorno)