giovedì 9 novembre 2017

Selfie


Di tutto ciò far senza,
e del troppo sognare...
E sulla terra in levità passare.
(da Medicamenta di Patrizia Valduga)

  
Sarebbe bello riuscire a smettere. 
Di tutto ciò far senza, disintossicarsi da sms e chat, tornare a camminare senza google maps, attraversare strade vere, cedere il passo senza gli occhi fissi sul telefonino. Tornare al significato primo di parole come "condivisione" o "amicizia". Restituire a "navigare" o alla "rete" l'odore del mare. Sarebbe bello ma è un romanticismo che mi durerebbe pochino.
Mi osservo. 
Sono la cosiddetta "immigrata digitale", una che la tecnologia l'ha adottata in età adulta. Qualcosa uso e qualcosa salto, per intendersi una che si arrangia - ho un blog! - senza capire poi bene tutto tutto tutto...  
Intorno a me pullulano nativi digitali. Hanno sui tredici anni, li vedo ammiccare nei loro movimenti musically, formicolare su piattaforme a me interdette. Ballare. Si fotografano, si postano. Cantano? Non proprio, fanno una cosa simile al mimare una canzone mentre si riprendono.
Piccole app che crescono nella società multischermo che abbiamo organizzato per loro e, nelle nuove tecnologie ci navigano e senza provare disagio interagiscono con esse o, addirittura, le manipolano.

La notizia dei selfie di ragazzine nude in un gruppo uozzap, notizia di questa mattina, non l'ho letta con l'attenzione dovuta, o meglio, mi ci soffermo più come pretesto per riflettere su questa distanza tra generazioni. 
Non so se c'entra qualcosa, ma mi è venuto in mente Andrea, mio compagno di classe di trentacinque anni fa, un vero fissato delle tette. Noi "femmine" che scappavamo urlando, per finta, e ridevamo. I "maschi" in bagno a misurarseli (con il righello, seppi anni dopo) e poi tutti a fare la ricreazione. A spingersi, a ridere, a fidanzarsi. 
Farsi una foto nudi per poi pubblicarla non penso c'entri più con quell'idea di moralità, o di rispetto di sé, che in quel vecchio mondo lontano ere, ho fatto mia.
Forse quei selfie sono il segno di una "pubertà digitale" la cui adolescenza, maturità e vecchiaia, sempre digitali, non avrò mai, per anagrafia, modo di capire del tutto.
Forse. Non so.

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