giovedì 21 settembre 2017

Les garçons sauvages



Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti:

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


Succede di vedere un film e pensare che sia bellissimo o che il regista sia un genio, succede. Ma vedere un film che non avevate mai visto prima, un film nuovo, anzi lo dico meglio, una "cosa" nuova, se succede, è bellissimo.

Ne Les garçons sauvages, il regista Bertrand Mandico racconta la fase conturbante, e maledetta, della pubertà. Quanto durerà, mah, devo ricordarmelo, un paio di anni?, il periodo che divide "quel" mondo ragazzino di paure e proiezioni, spesso tumultuose e raccapriccianti, da quello dove un giorno atterreremo da adulti fatti e finiti e completi di tutto? 
A Mandico interessa proprio "quel" momento ovvero quella costruzione intima, ma pubblica, di un'identità sessuale. Il film rappresenta, nel senso di teatralizza, l'essere umano mentre è in balìa di tempeste di desiderio, fremente per carezze di tipo nuovo e spaventato dai genitali che gli sbocciano sul corpo come piante carnivore. 
Paura e attrazione, femminile e maschile, seduzione e raccapriccio diventano gli attori di una piece onirica dove il passaggio alla consapevolezza della propria identità sessuale è violenza pura. Una violenza carnale. 
E i ragazzini protagonisti lo sanno bene
Indimenticabile la scena d'amore tra il temibile Capitano e la dottoressa Severine, il loro gioco di amore, e di lotta, e l'eccitazione di uno dei ragazzi mentre li guarda. 
O ancora la spiaggia livida, il colore psichedelico che a spruzzi irrompe nell'isola morbida e voluttuosa e che tutto contiene come un misterioso grembo o la malìa di quell'unico seno nascosto in un petto virile...

Mandico ci rappresenta sospesi nella fase anfibia tra la terra e l'acqua del nostro sviluppo sessuale. Siamo mozzi impudenti e smaniosi, marinai senza paura del viaggio che gli interessa. L'avventura sarà pazzesca, si dovrà andare avanti anche quando in mezzo alle gambe, o sul petto, succedono strane cose. 
Ci sono i nostri sogni, luoghi dove ci viene concesso tutto e tutto ci concediamo, e golette in balìa dei venti come quelle dei viaggi raccontati da Verne o di Kipling. E a coloro che sono arrivati, quelli che ce l'hanno fatta, agli approdati, rimangono l'ombra bucata da occhi ardenti e i fantasmi di esseri pelosi e succulenti.
Veniamo precipitati nel buio di Fussli (pittore amico degli incubi, di cavalli e delle streghe di Macbeth che nel film hanno ruoli non secondari) o nei colori saturi di Dalì. Ci impaniamo come nei peggiori incubi sadomasochisti di Bunuel o di Fassbinder. 
O solamente ci si offre la possibilità di carpire quelli di nostro figlio dodicenne che dorme, non vi sembra tranquillo anche a voi?, nella sua cameretta. E che erano anche i nostri.


Codesto solo oggi possiamo dirti: 
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.


(ciò che non siamo)

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