lunedì 8 settembre 2014

SHIKI

Nel fresco dell'oscurità
sulla riva opposta
delle risa
(Shiki 1869-1902)


Dopo le storie di Matsuo Bashō, Issa e Santoka oggi quella di Masaoka Tsunemori. Si fa chiamare Shiki, cioè “cuculo”, l’uccello che, secondo la tradizione giapponese, canta finché muore. A undici anni scrive il suo primo poema e a quattordici fonda un gruppo poetico, in seguito si diploma, lascia gli studi universitari e rinuncia alla borsa di studio. La sua vita, retta dal rigore e dalla letteratura, è stata breve ma ha segnato tanti lettori. Gli ideali di sintonia e armonia con la natura canonizzati da Bashō, attraverso la moderna riforma poetica di Shiki sono da adesso superati. È un uomo colto e moderno, vive in una fase che vede il Giappone in contatto con il mondo occidentale e i suoi ideali artistici non possono non trovare che nuove ispirazioni, nuove svolte. In poesia ammetterà anche il verso libero, pur rimanendo nei suoi componimenti fedele allo schema 5-7-5, e il tema della natura, pur rimanendo centrale, assume toni nuovi. Non più sospensione nel tempo e nello spazio o l'armonia cosmica, con gli haiku di Shiki osserviamo malinconicamente quell'attimo, quella foglia, quella stanza, arrivando a vedere, chiara, la nostra imperfezione.

Di me scrivete
che ho amato i versi
e i kaki

Al contrario di Bashō, suo maestro e grande camminatore, e di Santoka, Shiki potrà camminare pochissimo. Nel 1894, già malato, è stato corrispondente per il suo giornale della guerra cino-giapponese. La sua breve esistenza – morì a trentacinque anni – può misurarsi in pochi tatami, quelli della stanza dove era costretto a letto.
E in quello spazio angusto, povero e solitario, compone in forma di haiku la sua lotta contro la malattia e la sua voglia di vivere. Misurava nel numero di kaki consumati, frutto di cui era ghiottissimo, il numero degli haiku composti. Un acquario, un paravento decorato o una foglia, per Il poeta costretto a letto, diventano orizzonti infiniti.

Giorno di primavera
si perde lo sguardo in un giardino
largo tre piedi

Forte e grintoso come un guerriero Shiki, che era figlio di un samurai, conosce la rinuncia e la solitudine.

Nel mio andarmene
nel tuo restare
due autunni

Quando ci sentiamo schiacciati dal pressappochismo o circondati dai furbi, quando il nostro mondo ci sembra retto solo da regole che sembrano fatte apposta per essere aggirate, quando ci sentiamo soli, quando le risa ci sembrano sempre "sulla riva opposta" e mai nostre, procuriamoci una raccolta di haiku di Shiki e ripensiamo alla sua tempra da poeta-samurai.