lunedì 10 marzo 2014

Aiuto, qui sono tutti masterchef!

Riso per domani
nella ciotola di ferro -
freschezza serale.
(Ryokan 1758-1831)

Non sono una sociologa ma una cosa è certa: nel periodo di crisi economica più buio ci si è buttati sulla cucina esattamente come un disperato si butta sul cibo. 
Come spiegarci altrimenti lo share stellare di programmi ai fornelli con cuochi maestri di vita e di pensiero?
Del resto, se in tv i vecchi pippibaudi e albepariette sono stati sostituiti dai politici, perchè gli chef non possono avere spazio ed essere imitati, corteggiati, adulati e venerati? 
Ecco sfilare la nuova parata di foodblogger e di food designer, i master in cakedesign e in food lifestyle, la food photography che impazza sui social, i corsi, le riviste, i canali specializzati, nigelle e cracchi a go go.

Se volete disintossicarvi, se non capite chi è il tizio che imita Crozza, se il vostro amico vi guarda con aria sapiente scaraffando o impiattando - come ora dice lui -, se la vostra amica vi bombarda di macarons... leggete quanto Roland Barthes scriveva sulla zuppa giapponese rispetto alla minestra nostrana.
Puro godimento, puro godimento!

Da noi, una minestra chiara è una minestra povera; ma qui, la leggerezza del brodo, fluido come acqua, il pulviscolo di soia o di fagioli che vi galleggia, la scarsità delle due o tre cose solide (fili d'erba, filamenti di legume, particelle di pesce) che solcano fluttuando questa piccola quantità d'acqua, dànno come l'idea di una densità chiara, d'una nutrizione senza grassi, d'un elisir tanto più corroborante quanto è più puro: qualcosa d'acquatico, più che non d'acquoso, di delicatamente marino che suscita un'immagine di sorgente, di vitalità profonda.

da "L'impero dei segni" di Roland Barthes (Einaudi)