mercoledì 26 febbraio 2014

Nel vento

Nel vento
mi rimprovero
e cammino
(Santoka 1882-1940)






Lo haiku tende sempre la stessa trappola: che ci vuole a comporlo? 
A parte tutte le regole rigorosissime che ho cercato  QUI e  di sintetizzare è la sua tensione all'infinito che è quasi impossibile esprimere.
La circolarità di un cammino che non ha meta se non il cammino stesso, il vento sempre uguale nei secoli, il rimprovero per il peso di un senso di colpa che diventa universale. A proposito del mio amato Santoka, colui che le regole, non solo poetiche, di certo non le osservava, propongo una pagina dal suo diario:

28 Febbraio 1932
Tutti i giorni brutto tempo; oggi di nuovo a chiedere l'elemosina nella neve.
Forse è troppo dire che qui le strade sono le peggiori di tutto il Giappone, ma sono di sicuro straordinariamente fangose.
Le porte dei negozi infangate, i passanti infangati.
Le suole di gomma dei miei tabi da lavoro affondano e procedere è veramente molto dura.
Però la zona è piena di rivendite di sakè e quindi il suo prezzo è molto basso.
Esattamente il posto per uno come me!
(da "For all my walking"  ed.Columbia University Press. Traduzione dal giapponese di Watson Burton  e mia dall'inglese)

2 commenti:

  1. Sì, capisco. Ma la tentazione di scrivere degli epigrammi o degli anti-haiku (come quello di Magrelli), usando la stessa forma metrica, è quasi irresistibile.

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  2. Grazie della dritta. Questo "For All my walking" deve essere bellissimo.

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